Stefano Bollani e Magister Harmoniae al Conservatorio di Torino
Giovedì 28 Novembre, pervasa da grandi emozioni, intorno alle 20 e 30 accedo all’elegante foyer del Conservatorio “G. Verdi” di Torino.
La commozione è dettata dal fatto che questo edificio è stata la mia seconda casa per i dieci impegnativi anni in cui ho studiato pianoforte e conseguito il tanto bramato diploma, l’eccitazione è invece dovuta al fatto che questa sera Elena, la mia più grande e cara amica, dirigerà l’orchestra che si esibirà a breve sul palco insieme a Stefano Bollani. Non ho assolutamente idea di quale sarà il programma dell’evento, non ho voluto nessun tipo di anticipazione. Voglio godermi il momento, desidero una serata all’insegna dell’improvvisazione, in puro “spirito Bollani”.
Avanzo nell’elegante Sala da Concerto, considerata il salotto musicale della città e apprezzata dai più grandi musicisti per la sua eccellente acustica, prendo posto su una comoda poltroncina color carta da zucchero che mi ricorda vagamente la cromia delle copertine degli spartiti della “Henle Verlag” e mi guardo intorno.
Platea e galleria sono brulicanti di persone che chiacchierano amabilmente, il palcoscenico – sormontato da un maestoso organo da concerto – ospita un magnifico pianoforte gran coda Fazioli, le sedie e i leggii degli orchestrali. Sono decisamente euforica, nella mia testa si manifestano tutti i ricordi di quel tempo perduto che mi accorgo di aver recuperato in meno di quindici minuti.
Sfoglio il programma di sala e scopro che non riporta nessuna indicazione dei brani che saranno eseguiti. “Molto bene! Sarà una sorpresa”. Mentre leggo le note biografiche dei protagonisti della serata – Stefano Bollani, l’Orchestra Magister Harmoniae e Elena Gallafrio, si abbassano le luci. Tutto sta per avere inizio.
Sale sul palco Concetta Rinaldi, Presidente dell’Associazione Musica Insieme e Project Manager dell’evento che con spigliata eloquenza ci racconta la storia dell’Associazione, dell’Orchestra Magister Harmoniae, ci descrive la tematica della serata “La musica racconta… la bellezza – l’armonia da Leonardo a Bollani” che avevo già ampiamente anticipato su queste stesse pagine in occasione della presentazione dell’evento.
Sul palco sono invitate a salire le rappresentanti dell’Associazione di Idee Onlus, che da anni propone interventi educativi, psicologici, logopedici e neuropsicomotori rivolti ai ragazzi con Sindrome di Asperger che vengono premiate da Laura Romeo, moglie del procuratore Giancarlo Caselli, anch’egli presente in sala.
Arriva il momento della presentazione dei protagonisti della serata. Concetta Rinaldi introduce quindi l’Orchestra Magister Harmoniae e Elena Gallafrio che è anche il Direttore Artistico dell’Associazione.
Sul palco salgono i 35 componenti dell’orchestra che si distribuiscono nelle varie sezioni: violini primi e secondi, viole, violoncelli, contrabbassi, flauti, clarinetti, fagotti, corni e percussioni.
Se gli orchestrali sono emozionati non lo danno minimamente a vedere, sono estremamente eleganti e posati, anche i più piccoli! Intravedo infatti nella sezione degli archi alcuni ragazzi in età adolescenziale.
Sale sul palco il direttore dell’orchestra e infine l’acclamatissimo e applauditissimo Stefano Bollani.
Il primo brano che viene eseguito è “Chevaliers de Sangreal” di Hans Zimmer, tema tratto dalla colonna sonora del film “Il Codice da Vinci”. L’epicità lirica delle linee melodiche degli archi, l’estrema dolcezza dei fraseggi improvvisati al pianoforte da Stefano Bollani, il crescendo solenne creato dal resto dell’orchestra sortiscono un amalgama perfetto. L’intensità e la passione sono create da una cura sapiente per le dinamiche. Si percepisce che è stato svolto un grande lavoro su un’orchestrazione piuttosto complessa al fine di creare un equilibrio sonoro fra le sezioni senza perdere il focus sull’effetto di climax obiettivo della composizione. La sala è in silenzio, sembra che nessuno stia respirando sino a quando arrivano scroscianti i primi applausi.
È la volta di un’esecuzione strabiliante di “Águas de Março” di João Gilberto suonata e cantata dal solo Stefano Bollani. Il pubblico è rapito dalle magie sonore e dagli eleganti virtuosismi tecnici e dinamici.
Stefano Bollani si alza dal pianoforte e si avvicina ai bordi del palco. Ci sorride, ricambiamo il sorriso e da qui in avanti inizia qualcosa di inaspettato che darà un’impronta intima, familiare e giocosa alla serata.
Bollani ci chiede se abbiamo qualche domanda da porgli, il pubblico è un po’ timido e di primo acchito anche un po’ spiazzato.
Arriva la prima domanda: “Sono una musicista di impostazione classica e l’improvvisazione non è nelle mie corde, quindi mi chiedo… che cosa passa nella tua testa quando improvvisi?”
Stefano (da qui lo chiamerò con il suo nome di battesimo dato il clima informale della serata) risponde che si tratta di una questione di costrutti grammaticali e sintattici. Come esistono quelli della lingua parlata esistono quelli musicali. Ogni musicista ha un suo personale “linguaggio”. Lui esprime un concetto utilizzando la sua grammatica e pone una domanda o un suggerimento ad un altro musicista che gli risponde con il suo e lui da contro può decidere se assecondarlo o meno. E la conversazione/improvvisazione va avanti.
Un’altra domanda è volta a conoscere se lui ascolta musica prima di andare a dormire o quando si sveglia. Prima di andare a dormire pare di no, ma ci viene rivelato che per molti anni ha avuto tra le sue sveglie “Se mi rilasso collasso” della Bandabardò e ovviamente ce la accenna al pianoforte canticchiando: “Attenzione, concentrazione, ritmo e vitalità…”.
Si torna a disquisire dell’atavica dicotomia tra lo studio del pianoforte classico e jazz. Stefano ci rivela che nel periodo in cui frequentava la classe di pianoforte classico al Conservatorio di Firenze, “di nascosto” seguiva le lezioni di pianoforte jazz di Luca Flores che viene con l’occasione ricordato con molto affetto.
Con fare scherzoso Stefano ci racconta della sua passione per il ragtime e per Carosone. Quando era ragazzino ascoltava i 33 giri a 45 giri (e qui esegue un ragtime di Scott Joplin ad una velocità folle con un’espressione del viso veramente estasiata e soddisfatta) fino a quanto il padre non gli fece notare che stava sbagliando (e qui il medesimo ragtime viene eseguito in maniera un po’ più dilatata e l’espressione del viso si tramuta di colpo in delusa incredulità).
Il brano successivo vede nuovamente partecipe l’orchestra. Ci viene annunciato che sarà eseguito il Secondo Tempo (“Paracelso”) del “Concerto Verde” composto dallo stesso Bollani.
Il brano appartiene ad un “genere” musicale mai suonato dall’orchestra ed è la prima volta che l’orchestra ha l’occasione di eseguire una composizione originale alla presenza del compositore che sarà anche il solista. L’atmosfera del brano è creata dalla contrapposizione del pizzicato dei violoncelli e dei contrabbassi e della linea melodica affidata ai violini e alle viole. I contrabbassi eseguono due parti reali (parti diverse). È un brano molto intimo e affascinante. La presenza delle clave conferisce al brano una personalità enfatizzata anche dall’introduzione in orchestra di uno strumento moderno quale la batteria.
Personalmente è il momento musicale che più ho apprezzato in tutta la serata. Tornata a casa ho cercato se fosse già disponibile in commercio un’incisione del “Concerto Verde” e ho scoperto che la prima assoluta è stata eseguita solo pochi mesi fa, a giugno di quest’anno al “Teatro Coliseo” di Buenos Aires. Mi toccherà aspettare un po’ per averla, ma non demorderò!
Proseguono le domande e arriva la più buffa di tutte da parte di una ragazzina: “Perché fa una sorta di ballo quando suona? Chiedo perché la mia insegnante di pianoforte mi dice che devo stare dritta quando suono!”. Fra l’ilarità generale questa volta ad essere spiazzato è Stefano che pare rimuginarci un po’ e poi risponde: “Non lo so, sai che non ci ho mai pensato e che mi ci stai facendo pensare tu in questo momento?”. Non esclude quindi che in futuro non possa decidere di suonare “dritto”, forse capiterà ma ci garantisce che sarà una sua decisione!
Durante la domanda e risposta successiva si parla dell’importanza di fare musica insieme, di uscire dalla propria cameretta, di aprirsi al mondo e del concetto di inclusione. Si toccano quindi le tematiche portanti di questa serata.
Alla domanda successiva: “La musica arriva dall’alto o ognuno di noi la può costruire?”, l’”Oracolo Bollani” si siede al pianoforte e ringrazia che il brano che sta per eseguire con l’orchestra sia piuttosto tranquillo così può avere il modo di pensare ad una riposta “intelligente”.
Si tratta del “Tema di Deborah” del Maestro Ennio Morricone tratto dalla colonna sonora di “C’era una volta in America”. Questo è un brano che ad ogni ascolto è in grado di rimescolare in me molte sensazioni discordanti: dolcezza, commozione ma anche timore perché lo associo inevitabilmente alla sceneggiatura del film capolavoro di Sergio Leone. Questo tema, anche estrapolato dal contesto visivo, è a mio avviso uno dei più coinvolgenti e appassionanti mai scritti. La parte del primo violino viene presa in prestito da Stefano Bollani che ricama florilegi sulla tastiera facendola cantare. Il suono caldo del primo violino, Maria Pia Olivero, dialoga da solista con il pianoforte. La fusione con l’orchestra è veramente di grande effetto.
Anche questa volta mi emoziono. Mi giro verso mia sorella Antonella che è lì con me e verso i nostri vicini: i loro visi sono assorti. Ognuno sta percorrendo il suo personale viaggio grazie alla musica.
Grazie alle domande successive apprendiamo della particolare predilezione di Stefano per i classici del primo Novecento: Satie, Cocteau, Stravinsky, Poulenc. In quell’epoca c’era fermento, era un mondo di invenzioni, c’era odore di jazz. Gli artisti si confrontavano e c’era l’urgenza di comunicare.
Stefano prende spunto da una precedente domanda per sottolineare l’importanza di uscire dai recinti creati dai generi. Un tempo non esistevano le classificazioni dei generi musicali. La musica aveva delle occasioni d’uso: i matrimoni, i funerali, la propiziazione della fertilità della terra… La classificazione di genere è un concetto di marketing, che serve per incasellare un disco in un particolare reparto di un negozio di dischi (reale o virtuale).
“Come dev’essere una musica per essere brutta?” – chiede un ragazzo. Stefano ricorda i tempi de “Il Dottor Djembè”, trasmissione radiofonica in onda su Rai Radio 3, in cui appositamente si divertiva a creare “musica brutta” di compositori inventati di sana pianta. Sostiene che c’è soddisfazione a creare musica brutta, infatti ce n’è talmente tanta che questo vorrà significare che le persone probabilmente si divertono in questa pratica! Si affronta allora il tema di come in realtà bisognerebbe abbandonare un po’ l’uso del verbo “essere” in quanto verbo “non dimostrabile“. E che quindi utilizzare espressioni come: “Questa musica non la sento di mio gradimento”, oppure “Mi percepisco come una persona timida” invece di “Sono timido” possa essere preferibile perchè “meno categorico e giudicante“.
Alla domanda relativa a quale musica ascolta quando è allegro e quale quando è triste risponde che il suo favore nel primo caso va a João Gilberto, la sua musica è un vero e proprio mantra per lui. Quando è triste non ascolta nulla, ma aggiunge che, fortunatamente non gli capita spesso di essere triste!
Una ragazza gli chiede: “Ma tu, quando suoni, sai dove sei?” Stefano risponde che ovviamente ha la consapevolezza di essere ad esempio a Torino perché ha preso un treno per arrivarci, ha mangiato la carne cruda alla piemontese, ecc. ma in generale, quando suona non pensa a dove si trova fisicamente, sono tutte sensazioni che elabora a posteriori.
Si siede al pianoforte e ci lancia l’ennesimo sortilegio, improvvisando un brano che ammetto di non conoscere.
Quello che posso però asserire è che la sensazione che ho quando ascolto Stefano Bollani è che di fronte a me ci sia un artista eclettico, molto curioso e con interessi poliedrici. Ha quelle duttilità e velocità di pensiero che gli consentono di attingere a tutti quei “cassetti” di esperienza e conoscenza che sono dentro di lui. È come se esistesse un flusso continuo di idee tra la sua mente e le sue mani. Si, indubbiamente ci sono la maestria, lo studio, il talento; penso tuttavia che sia grazie alla sua versatilità e rapidità di pensiero che le sue improvvisazioni raggiungano un tale livello di eccellenza. Tutto questo è insaporito inoltre da uno spiccato senso dell’umorismo, una passione sfrenata per il divertimento, un’immensa gioia di vivere.
Il brano successivo con l’orchestra è “Quizás, quizás, quizás” nell’arrangiamento di Marta Lauria, che in generale cura tutti gli arrangiamenti per l’Orchestra Magister Harmoniae. Stefano ovviamente oltre a suonarla, la canta con voce calda lasciando trasparire un’espressione divertita e un po’ sorniona.
A gran voce il pubblico reclama quello che io definisco il rituale de “Il Caleidoscopio di Bollani”. Dieci titoli tra i più disparati vengono richiesti dai presenti, appuntati da Stefano su un bloc notes e poi via… si parte per un viaggio musicale che prevede un mashup di tutti i brani in un’unica improvvisazione in cui non ci sono regole, solo l’ispirazione del momento.
Gli spicchi della ruota della fortuna di questa sera sono: I Puffi, Goldrake, il Reggae, Bill Evans, Heidi, Copacabana, Take Five, Beatles, Tu vuo’ fa’ l’americano, Pinocchio.
A onor del vero viene richiesta anche “I Pirati dei Caraibi”. Stefano si scusa perché non la conosce, pare che gli sia già stata chiesta e quindi ha capito che è molto gettonata. Ci promette che andrà a cercarla su YouTube!
Il motivetto martellante “Noi Puffi siam così / Noi siamo Puffi blu. /Puffiamo su per giù/ Due mele, poco più” viene “infiltrato” in maniera esilarante e dissacratoria in ogni contesto, Paolo Conte si impossessa di Bollani e si ritrova a cantare incisi di altri brani che vengono innestati nella sua Copacabana, i Beatles se la vedono con Heidi. Pinocchio merita un discorso a parte perché una versione così “rock” – giuro – non l’avevo mai sentita. Bob Marley spunta timido con un’accennata “No Woman No Cry”. Un vorticare di emozioni, una cavalcata a briglie sciolte nella fantasia. Ecco cosa è successo. In alcuni punti le citazioni musicali erano talmente argute e divertenti che ho dovuto trattenermi dallo scoppiare in una fragorosa risata.
Applausi, applausi, applausi da parte di un pubblico che sarebbe stato lì per ore ad ascoltare questa magia.
Il bis è con l’orchestra e a sorpresa si tratta di un brano del musical “Aggiungi un posto a tavola” sulle musiche di Armando Trovajoli. Stefano ci racconta che una delle sue prime imitazioni è stata quella di Johnny Dorelli. Ed eccolo calarsi in questa nuova parte con un’orchestra più scintillante che mai supportata dalla presenza di Marta Lauria e Antonia Piccirillo, meravigliose cantanti che insegnano presso l’Associazione. Il pubblico si unisce cantando a gran voce il ritornello e la serata si chiude con un crescendo in cui realmente tutti quanti stanno facendo “Musica Insieme”.
Il pubblico tributa un lunghissimo applauso. È standing ovation. Gli orchestrali, il direttore, le cantanti, Stefano Bollani ringraziano eseguendo un inchino all’unisono e lanciando al pubblico grandi sorrisi. C’è moltissima emozione nell’aria. È stata una serata memorabile: divertente, poetica e solidale. Ha unito molte persone, fatto incrociare esperienze diverse e arricchito ognuno di noi di quel tassello in più che a volte può servire a dare una svolta per affrontare il futuro con rinnovate curiosità, grinta e poesia.
Le immagini dell’evento sono state gentilmente concesse dall'”Associazione Musica Insieme”.