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Massimo Cotto – La morte non è niente…

Massimo Cotto – Il Re della Memoria Ed. Gallucci Bros

La cosa più incredibile nel leggere questo romanzo di Massimo Cotto è che serve arrivare fino a pag. 267 per trovare il nome di un musicista e perché ne sia evocata una canzone (Joni Mitchell, con “River”). Ed è strano perché da un profondo conoscitore della musica come lui, uno che la musica la accompagna al lavoro tutte le mattine, ci si sarebbe aspettati una storia ambientata in una casa discografica, durante un concerto, negli studi di una radio: di certo gli sarebbe stato più confortevole maneggiare personaggi come rockstar, giornalisti, groupies.
Invece Cotto sceglie di raccontare un noir, ambiguo a tratti, stordente e con piacevoli venature gotiche.
Il protagonista Ariel sembra uscito con prepotenza da fatti di cronaca  drammaticamente realistici: è un bambino quando assiste all’omicidio della madre per mano del padre e quando, con uno sconvolgente atto di vendetta, disperazione e coraggio, uccide il padre a sua volta.
Con un salto avanti nel tempo ritroviamo Ariel adulto all’anagrafe, ma ancora vittima di quei ricordi, ancora ostaggio di quel bambino e della tragedia che ha vissuto; insieme a lui, la sua fidanzata, inconsapevole della dissociazione violenta e profonda che gli confonde pensieri e desideri che Ariel invece ha condiviso solo con la piccola Linda, la compagna di giochi che per puro feroce caso ha assistito con lui agli eventi di sangue della sua (loro) vigilia di Natale. E che, come lui, continua a trascinarsi dentro quei ricordi e l’effetto appiccicoso e dolorante che non hanno mai smesso di esercitare sulla sua vita.
Due anime traballanti e ferite, spaventate entrambe all’idea di non saper barattare quel passato con un futuro, uno qualsiasi.
È su questo scenario emotivo che Cotto accende una miccia narrativa, forse più di una. Minacce, rapimenti, vendette, crudeltà si susseguono tra le pagine come le luci intermittenti degli alberi di Natale: bisogna stare attenti per non perdersi nessuno degli istanti in cui il buio si illumina lasciando trapelare un debole indizio.
Va detto che la chiave del fascino di questo romanzo è che riesce a mantenere un perfetto equilibrio tra tutte le alternative possibili: fino alle ultime pagine il lettore sa che potrebbe trovarsi con la stessa naturalezza di fronte all’apparizione di un fantasma, ma anche alla resa di un serial killer privo di scrupoli o alla cattura di un criminale o perfino nel mezzo di una ulteriore agghiacciante tragedia. Tutto sembra altrettanto possibile, fino alla fine.
Merito dello stile semplice, disegnato a righe spesse come una graphic novel, molto vicino alle atmosfere di Dylan Dog, ma in una versione più contemporanea, in un continuo dondolio tra una sorta di indagine concreta e l’agitarsi perturbante della ricerca intima e privata che compiono tutti i personaggi, ognuno a modo proprio; così il romanzo diventa una sfida per il lettore che prova e riprova a comporre un quadro distorto e fuori fuoco fino al momento in cui tutto prende forma. E pace.
È un romanzo pieno di scelte da compiere, di cose da dimenticare.
E di corpi, morti, segnati, nudi, da odiare e da amare.


Valeria Di Tano

"Vivo circondata da storie e parole per lavoro e soprattutto per passione. Le uso come mattoni per costruire, come labbra da baciare e come aria da respirare. Leggo, scrivo e sorrido. Tutto in equilibrio sui tacchi a spillo."