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Bruce Springsteen: Atlantic City

Bruce Springsteen in quei primi anni ottanta è in un momento critico. Ancora lungi dal successo planetario che giungerà nell’85, dopo due dischi ispiratissimi che lo hanno eletto figura centrale nel panorama rock statunitense (e non solo), esce con un disco la cui copertina in bianco e nero dice tutto sulle fragilità le debolezze e la grigia normalità che si nascondono dietro il sogno americano. Nebraska e’ acustico, solo chitarra voce e poco altro. Un disco dietro il quale i discografici devono essere impazziti per cercare di trovare un singolo che ne traini le vendite. Il brano prescelto alla fine e’ il secondo: Atlantic City, la città del gioco e del vizio, epitome del sogno americano in decadenza. Non compare mai Springsteen nel video di Atlantic city. La protagonista e’ l’America, quella periferica che cerca in qualche modo di splendere nella polvere, l’America in bianco e nero presa in prestito dalla copertina del disco, l’America abitata da migliaia di perdenti che guardano le stelle anche se piegati dalla vita.atlantic city
La malinconia e la forza del rock fatto solo con una chitarra, un armonica ed una voce raccontano come meglio non si potrebbe questa heartland/badland che per molti di noi europei e’ un miraggio. Una voce quella di Bruce che riesce con grande semplicità a passarti il messaggio profondo che ha dentro, anche se l’inglese lo mastichi pochissimo e sai solo ripetere “meet me tonight in Atlantic city” sapendo che lo stai dicendo a te stesso e a quel desiderio di fuga e avventura che si ha quando hai sedici anni.

 

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Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".