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Parliamo di Cultura.

 

Di cosa parliamo quando parliamo di cultura?

Parafrasando Raymond Carver, che se lo chiedeva a proposito dell’amore, dobbiamo ammettere che la materia è altrettanto sfuggente: il dizionario definisce la “cultura” come l’insieme delle cognizioni e delle esperienze acquisite, qualcosa in continua evoluzione e accrescimento, sia che si parli di un singolo sia che il termine sia applicato a una intera comunità.

Si tratta di creare connessioni, occasioni per condividere e per sperimentare, appunto. E questo vale per ogni ambito del vastissimo mondo culturale: letteratura, arte, performance, musica.
Ci vogliono strutture in cui le opere siano disponibili al godimento, acquistabili, fruibili.

È così che si diventa grandi e ricchi (ricchi in quel modo intimo e profondo che non ha prezzo tranne quello del disco o del libro, dell’ingresso a una mostra, a un concerto) e che si continua a crescere a dispetto dei capelli bianchi, delle rughe intorno agli occhi o delle ginocchia che scricchiolano.

È che a una domanda come questa non c’è una risposta sola, per fortuna.

Fare cultura in una città come Torino, prendiamo un esempio a caso, prevede infinite possibilità in fatto di rassegne, luoghi, contesti, che riguardino la filosofia, la cucina, la poesia o lo sport.

E poi c’è la musica: locali, spazi per concerti. Festival.

Tipo il Todays: una di quelle occasioni in cui in tre giorni si alternano dibattiti, presentazioni, esposizioni e, soprattutto, concerti, dal vivo, con artisti internazionali che inseriscono Torino all’interno dei loro tour, tra Dublino e Parigi. Il Todays è una di quelle circostanze in cui la musica racconta e sollecita e diverte e immerge, tanto che l’ultima edizione ha registrato il tutto esaurito, sempre.

Diecimila persone in tre giorni, tra il sole di fine agosto e una notte di acqua scrosciante, 19 band e 121 artisti che hanno progettato e messo in scena la musica.

Ma non è stato solo quest’anno: da quando il Todays esiste, dal 2015 si sono avvicendati ogni sera stili e voci e suoni completamente diversi, che hanno generato commenti, entusiasmi, scambi di opinioni e pareri.
Altra musica. Altre idee.

Di cosa parliamo quando parliamo di cultura? Di questo.

Per questo sembra assurdo, incomprensibile e ottuso il fatto che l’amministrazione di Torino non abbia ancora assegnato le risorse per ripartire con la programmazione per il nuovo anno.

Forse spetterebbe anche a chi governa la cultura a Torino chiedersi di tanto in tanto di che cosa parla, quando parla di cultura.
Oppure avere il coraggio di ammettere che quando parla di cultura, semplicemente, ha in mente tutt’altro.