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Flies On Fire, S/T (Atco Records, 1989)

Iniziare una rubrica che prevede di chiudere gli occhi e scegliere casualmente un disco per riascoltarlo e parlarne su queste pagine, non poteva che comportare il rischio di partire da qualcosa decisamente meno che attraente, almeno per lo standard medio che si trova in rete in materia di “recuperi”.

Eccovi servito uno degli album più “uncool”  che potessero uscire nell’A.D. 1989.
Troppo raffinati per essere associati al filone Guns’n’Roses, troppo “fottutamente r’n’r” per accasarsi nel nascente filone alt-country, equidistanti dal pop-rock e dal power pop.
Unico “gancio”, apparentemente, erano i Rolling Stones, che proprio in quel momento cercavano di uscire dal momento di difficoltà palesato da “Dirty Work” pubblicando il pur valido “Steel Wheels“, che si allontanava, però, dalle loro sonorità “classiche”.

Le quali arieggiavano, invece, nell’esordio di questo quartetto losangeleno.
Persino i nomi dei componenti parevano avulsi da un contesto afferente allo stardom: Timothy Paruszkiewicz (voce, chitarra, armonica), leader e autore di tutti i brani, che in copertina si vide accreditato come Tim P., a conferma della teoria su esposta; Howard Drossin (chitarra); Terry Messal (basso); Richie D’Albis (batteria, voce). Considerato che c’erano un Howard e un Richie, si fossero chiamati The Cunnighams avrebbero magari avuto più successo (ok, battuta da boomer: perdonatemi).
La copertina, poi, era più da band Heavy Metal che stonesiana, a completare questo quadro.
Eppure.
Eppure, posso garantire che questo album, uscito su Atco (e scusate se è poco), godette comunque di una certa notorietà presso gli appassionati. Parlo di gente che si era già portato a casa l’album di The Unforgiven (se salterà tra le ricerche alla cieca, ne sentirete riparlare) poco più di un paio d’anni prima. E qui cascava meglio, peraltro, perché se avete presente l’ultimo (escludendo la reunion del 2012) sforzo di Del Fuegos, il coevo “Smoking In The Fields“, sappiate che qui non ci si discosta molto da quel suono.
Per comprendere al meglio il continuo riferimento alla band del compianto Charlie Watts, basta poggiare la puntina sul lato A, alzare ben bene il volume e dimenarsi sulle note di Anything Goes, la più stonesiana delle opening track di marca Stones.
Non siete convinti? Lasciate che inizi Baptize Me Over Elvis Presley’s Grave (ma che titolo figo è, questo?), sorta di Dead Flowers che sarà finita in decine di cassette “da macchina” che facevo per gli amici.
Toh, guarda: la prossima si intitola C’mon. Ma, nonostante il titolo, questo blues a rotta di collo non c’entra nulla con il classico di Chuck Berry che lanciò la carriera di Jagger & Co. Anzi, in questo caso il suono è più affine alla J.Geils Band (vi vedo già che sorridete pensando: “Bella forza, gli Stones americani“, ma la seppur sottile differenza, a me pare evidente).
Small Town è già in territorio americana, così come Underground, che potrebbe stare su un album del Cougar non ancora Mellencamp.
Cambio di lato.
Long Gone Dead si mantiene sulle coordinante che avevano sigillato la prima facciata, ma con gli X a fare da sfondo al Puma (è anche l’unico brano cui si aggiungono le firme di Messal e D’Albis).
Ed eccolo qui, il nome che finora avevo cercato di ignorare: i Black Crowes pubblicheranno “Shake Your Money Maker” solo l’anno successivo, ma una ballata come Salvation Boulevard li preconizza, mentre You Can’t Go Back ha qualcosa dei Social Distorsion nel proprio DNA.
Con Not For Long si torna ai canoni d’inizio album, sui quali proseguono la ballad Since You’ve Been Gone e Let It Roll, che pare una outtake di “Some Girls“.
Dopo questo album, il gruppo ne incise un secondo che ricordo ancora discreto, ma purtroppo fa parte di quei dischi che mi sono spariti negli anni. Cercherò di recuperarlo.
Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità: nei negozi di usato e sulle bancarelle delle Fiere del Disco il vinile si trova a poco prezzo, non ho notizie di prima mano circa la versione in CD, ma scommetterei che vi chiederebbero di più (i CD di quel periodo, se mai ristampati, da qualche tempo tendono ad avere prezzi più alti). Per consentire di farvi un’idea, vi allego il link di YouTube dove potrete ascoltarlo tutto (ah, vedo adesso che c’è anche il secondo: mi ci rituffo).
Fatemi poi sapere come l’avete trovato: mica tutti i gusti sono alla menta.

 

Massimo Perolini

Appassionato di musica, libri, cinema e Toro. Ex conduttore radiofonico per varie emittenti torinesi e manager di alcune band locali. Il suo motto l'ha preso da David Bowie: "I am the dj, I am what I play".