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Tom Stevens, 1956 – 2021

Una di quelle cose che ti raggelano, prima che si scatenino le imprecazioni. Era ancora giovane, Tom Stevens, membro dei Long Ryders a partire dal primo album “lungo” e portatore di sublimi ballate come quelle che aveva già dispensato su un magnifico mini LP dal titolo “Points Of View” (1982, rappresentante a tutt’oggi uno dei furti più sofferti all’interno della mia discoteca: se ti prendo passi un brutto quarto d’ora, chiunque tu sia).Tom-Stevens
Nel 1997, prima che il gruppo che condivideva con Sid Griffin, Stephen McCarthy e Greg Sowders si riunisse, per poi produrre anche un inaspettatamente ottimo album (“Psychedelic Country Soul”, 2019), aveva ripreso quel pugno di canzoni aggiornandone il suono: rimanevano ottime, anche se la magia dell’esordio era indubbiamente più figlia dell’urgenza espressiva. Aveva anche pubblicato un paio di discreti album solisti.
La tournée che nel 2019 seguiva la pubblicazione del disco portava i Ryders anche in Italia, con un concerto alla benemerita ADMR di Chiari (BS), partito maluccio e terminato trionfalmente, in cui il bassista (che diventava, al solito, chitarrista per l’esecuzione di alcuni pezzi, scambiandosi lo strumento con McCarthy) si dimostrava davvero ispirato.Tom-Stevens
Sui dischi del gruppo le sue (rare) canzoni risaltavano, figurando tra le migliori dell’esigua discografia, su tutte Stitch In Time e Years Long Ago.
Sapere della sua improvvisa scomparsa, pare per un arresto cardiaco, getta nello sconforto tutti i fan della band e chiunque frequentasse quel composito mondo genericamente definito Paisley Underground che faceva sognare gli adolescenti degli anni 80. E adesso sembrano proprio tanto tempo fa.

Massimo Perolini

Appassionato di musica, libri, cinema e Toro. Ex conduttore radiofonico per varie emittenti torinesi e manager di alcune band locali. Il suo motto l'ha preso da David Bowie: "I am the dj, I am what I play".