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Ghostpoet – I Grow Tired But Dare Not Fall Asleep (Play It Again Sam) 2020

La black music è da parecchi anni a questa parte in fase espansiva, una galassia sempre più ricca di spunti, sviluppi, incroci, ibridi, esperimenti che ha assunto, anche per tanti ascoltatori bianchi, quel ruolo di riferimento che per decenni è stato appannaggio praticamente esclusivo della galassia “rock”.
Il 2020 ha registrato il trionfo del misterioso progetto britannico SAULT, uscito con ben due album a sei mesi di distanza, della posse di Cleveland Mourning (A) BLKSTAR, del killer duo Run The Jewels, di Moses Sumney, di Yves Tumor, di Thundercat, ha visto il ritorno di Tricky, l’ennesimo progetto di Shabaka con gli Ancestors…solo per fare i nomi più noti.
In tutto questo florilegio di stimoli rischia di andare smarrito il disco “nero”, inteso nella doppia accezione ça va sans dire, che ho più ascoltato quest’anno, quello del britannico Obaro Ejimiwe a.k.a. Ghostpoet, giunto con I Grow Tired But Dare Not Fall Asleep alla sua quinta fatica.Ghostpoet
La matrice di riferimento dell’artista londinese di origine nigeriano-dominicana si situa esattamente all’incrocio tra il Tricky di Maxinquaye e i Massive Attack di Mezzanine, e per il sottoscritto, benché siano trascorsi quasi trent’anni da quell’era gloriosa in cui Bristol dettava legge, quel suono, quelle atmosfere sono sostanzialmente qualcosa di molto simile ad un’esperienza religiosa.
Ghostpoet ha raccolto quel lascito e lo ha fatto proprio in una serie di album molto potenti, in un crescendo che aveva portato al riuscitissimo Dark Days & Canapes del 2017, per dare un seguito al quale ci sono voluti tre anni buoni.
Ghostpoet ha un flow immediatamente riconoscibile tra mille, un flusso che ti scivola addosso denso come petrolio mentre snocciola poemi sporchi di aspra realtà quotidiana su uno sfondo trip hop ipnotico che oscilla come un pendolo tra momenti onirici (“Concrete Pony”, “Black Dog Got Silver Eyes”) e notturne cavalcate in cui il suono si fa affilato come una lama non esitando ad affidarsi al binomio chitarra synth per costruire atmosfere minacciose (“Nowhere To Hide Now” e la title track) aventi come progenitori da una parte il post punk dall’altra l’hip hop.
Si avvertono onnipresenti per tutta la durata del disco, tanto spessi come la nebbia quando si trasforma in pioggia, la paura, il disagio, la tensione, la fascinazione per la morte sottesi nei testi di Ghostpoet e riflessi nel suono. Non è una novità ma in questo anno acquisiscono un senso ancor più sinistro, a partire da quel titolo: “Sono sempre più stanco ma non oso addormentarmi” forse perché il timore è quello di non riuscire a risvegliarsi.
Quello di Ghostpoet è un altro disco immerso a piedi pari nella melma nera di questi tempi. Imperdibile.

Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".