Lucio Corsi @HMA – Tra vento e magia
So che non è così, che è la mia mente da essere umano ad essere teleologica non la natura. Che si è evoluta in questo modo perché noi eravamo prede e non predatori e il fatto di identificare un ramo spezzato non come un semplice ramo spezzato ma come sintomo di un passaggio di un predatore ci ha permesso di arrivare fino ad oggi. Sono convinto di questo. Resta il fatto che un vento così forte a Torino non si vedeva forse dal 1952.
Resta il fatto che Lucio Corsi è da sempre il cantore del vento, della sua poetica, della sua magia e dell’anima della natura. Resta il fatto che, mentre cantava “Trieste” e parlava delle gesta del suo vento, “che cantava in tv” o “sul lungomare a rovinare i silenzi”, con la brezza a sostenerlo mentre declamava con il suo meraviglioso accento maremmano che “il vento no, non era un freno ma una spinta”, un brivido mi attraversava il corpo, a partire da cappuccio e FFP2 di ordinanza fino alle Sneakers che usavo per correre quando erano più giovani e ammortizzate. Sarà la neotenia a farmi parlare, e allora benedetta neotenia! Così costosa evolutivamente ma così meravigliosamente utile nell’averci reso esseri umani, con la nostra colorata fantasia che ci fa perdere nei paesaggi della musica, nei fantasmi del pensiero, nella gioia del cuore.
Chissà cosa avrà pensato Lucio mentre mi parlava specchiandosi solo nei miei occhi, nascosti dagli occhiali, a loro volta offuscati dal respiro mascherato. Chissà se nella sua testa mi ha trasformato in qualche suo personaggio fantastico, che magari aveva perso la faccia e il corpo in chissà quale avventura e che ora vagava in terra sabauda in giubbotto blu incappucciato, occhiali e mascherina.
L’Hiroshima è un bel posto anche all’aperto, con le sue sedie rosse legate l’una all’altra, con il club vero e proprio usato solo per bar e servizi. Almeno ora nell’attesa del concerto mi posso godere il tramonto, tra un abete e un condominio. Non male. La capienza è di 150 posti, una sedia si e una no, quasi per permettere all’aria stessa di sedersi e godersi lo spettacolo tra uno spettatore e l’altro. Di spettacoli ieri se n’è goduti addirittura 2. Perché Lucio non è un artista che si risparmia. Lo capisci quando vedi che è stato uno dei pochissimi musicisti italiani a non farsi fermare dalla pandemia e a girare l’Italia, in quest’estate che volge al termine, in tour e con una band di 6 elementi complessivi. In barba a cachet ridotti e a rimborsi spese. Solo per portare al pubblico il suo capolavoro così come lo aveva pensato, senza ridimensionamenti di sorta. Figurati se si scandalizza a fare 2 concerti, uno dopo l’altro, nello stesso giorno. Il suo “Cosa faremo da grandi” se lo coccola per bene e lo riproduce per intero, anche se in ordine sparso. Inizia e finisce con “Freccia Bianca”, perché gli piace iniziare e finire i concerti con la stessa canzone, e gli piace anche che il bis sia un vero bis di canzoni fatte durante il concerto. Il pubblico però lo reclama e lui non resiste a fare il bis anche de “Il lupo” (perlomeno nello spettacolo delle 20) tratto da “Bestiario Musicale”, altro meraviglioso affresco della sua poetica datato 2017. Tra una cover di De Gregori (e che cover!: “Bufalo Bill”) e di Cocciante, declamazioni di poesie o di “canzoni senza musica” come lui ama chiamarle e introduzioni spiegate delle canzoni stesse (perché gli dicono che non ha senso farlo ma a lui piace fare così), il tempo scorre in un attimo. D’altronde mi sono messo l’orologio “che è una macchina del tempo”; devo provare anche a “correre all’incontrario”, magari è vero che così “ti tornano le forze”. Una bellissima serata di nuova normalità. Perché con questo mostro di virus dovremmo fare i conti ancora per un bel po’ ed allora è bello trovare soluzioni alternative per ritrovarci tutti insieme e godere delle bellezze della musica. Non importa se distanziati o no, tanto c’è lei che ci riunisce e ci riunirà sempre, soprattutto quando accanto ho la mia ragazza, non “trasparente” ma per fortuna in carne ed ossa. Quanto è stato bello stringerle le mani forte forte mentre Lucio cantava “dimmi se le mani te le stringo troppo forte”…