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Ennio Morricone, per l’eternità.

La prima volta che ascoltai “Sean Sean” fu alla radio, avrò avuto sette, otto anni. Fischiettai quella melodia per tanti giorni, un po’ per non dimenticarla, un po’ per chiedere agli amici se la conoscessero. Il titolo del brano, la copertina di un 45 giri o di un album e il nome dell’autore rimasero per molto tempo un mistero. Poi la Rai trasmise il film e tutto venne svelato. La colonna sonora di “Giù la Testa” fa parte del mio patrimonio genetico ed è stata con ogni probabilità la miccia che ha fatto esplodere la mia passione per la musica. Mi rimase impressa la scena della fucilazione sotto la pioggia battente, il volto di James Coburn (Sean), salvo per un pelo dal massacro che osserva la scena nascosto da un cappello grondante acqua, l’amico dottor Vilega obbligato ad assistervi da dietro al parabrezza di un’auto con i tergicristalli in azione, gli innocenti che cadono fucilati dal plotone d’esecuzione, i colpi di grazia.
MorriconeUn susseguirsi di emozioni condensate in poco più di tre minuti. Non sapevo nulla di Messico, di bombe, di Irlanda, né di Rivoluzione, mi piacevano i western e sì, c’erano delle pistole, dei cavalli e dei treni ma del film ci capii poco se non nulla. Ad accompagnare quella scena, e il resto del film, c’erano delle musiche straordinarie, le più belle mai scritte per il cinema. La loro misurata solennità, il velo di malinconia, l’immediata orecchiabilità, quella voce che si librava leggera su quelle arie di archi, la melodia disegnata dal fischio da memorizzare per l’eternità. Ero un bambino ma quelle erano musiche di una tale intensità che se allora piansi per la loro bellezza, potete immaginare cosa mi stia succedendo ora mentre scrivo queste poche righe per ricordare il Maestro nel giorno della sua scomparsa. La sindrome di Stendhal esiste per qualsiasi forma d’arte, ne sono testimone in prima persona.
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Penso a quanta bellezza ci è stata lasciata in eredità, e penso a quanto enorme sia stata la sua opera: una grande e lunghissima avventura vissuta cavalcando sulle sette note. Morricone non ha mai avuto paura di sperimentare, di mettersi alla prova e di inventare. Si è sempre messo in gioco sfidando le regole della composizione, sempre all’avanguardia nell’uso della strumentazione, delle voci e dell’orchestra. “C’era Una Volta il West” sarebbe stato un film completamente diverso senza il suono lacerante dell’armonica infilata a forza in bocca a quel bastardo di Frank/Henry Fonda, e senza quella scheletrica e acida chitarra elettrica avrebbe avuto minore impatto. La voce suadente ed indimenticabile di Edda Dell’Orso ad accompagnare decine di brani in altrettante colonne sonore, quella di Mina in quel capolavoro inossidabile della Musica Italiana che è “Se Telefonando”. Abbiamo in eredità centinaia di colonne sonore, ore e ore di musica composta, prodotta, arrangiata e diretta. Morricone non riusciva mai a stare fermo, no, la sua poliedrica anima era sempre in movimento, votata alla costante esplorazione delle sette note e all’invenzione di nuove soluzioni musicali. Questo aspetto del suo carattere emerse in un divertente passaggio che si legge in un’intervista rilasciata anni fa a “Il Mucchio Selvaggio”. In quell’occasione raccontò che quando componeva, non potendo fare troppo movimento come consigliato dai medici, aveva tracciato nel suo appartamento di Roma un percorso da fare camminando a passo veloce per decine di volte al giorno. Immaginate la moglie quando lo vedeva sfrecciarle accanto continuamente.morricone
Si scopre un biglietto scritto prima di andarsene dove saluta per l’ultima volta parenti, amici e conoscenti di una vita intera scritto con una tale risolutezza, distacco e lucida semplicità da lasciare tutti, ancora una volta, senza fiato. Maestro in tutto, fino in fondo.
Oggi perdiamo un pilastro della Musica e della Cultura. Dovremmo essere tutti orgogliosi di aver vissuto contemporaneamente a questo magnifico artista, ed essergli eternamente riconoscenti e debitori delle emozioni profondissime e indimenticabili che ha saputo donarci.
Giù il cappello di fronte al più grande di tutti i Maestri.

Roberto Remondino

"Wishin' and hopin' and thinkin' and prayin' Plannin' and dreamin' each night of her charms That won't get you into her arms So if you're lookin' to find love you can share All you gotta do is hold her and kiss her and love her And show her that you care".