Live Reports

Sinead O’Connor – live @HMA

Una enigmatica scritta in una lingua a me sconosciuta, su sfondo rosso, mi accoglie in un Hiroshima gremito e in grande spolvero. L’atmosfera e la musica in filodiffusione, da aperitivo alla moda, contrastano con la mia aspettativa sul concerto e con quella scritta islamica che porta, inesorabilmente, l’inconscio in allarme, colpa di una fetida propaganda qualunquista che ci vuole far credere che la parola Islam si debba tradurre sempre e soltanto con terrore. sinead
Forse per Sinead O’Connor, o meglio Shuhadà Davitt, come si fa chiamare adesso, questa parola si traduce con amore. Perlomeno è questa l’impressione che dà quando alle 21:00 spaccate fa il suo ingresso insieme alla sua band. La sua conversione all’Islam, avvenuta nel 2018, ha fatto credere a tutti che si trattasse dell’ennesima mattana di una donna senza pace. Dopo aver strappato la foto di Giovanni Paolo II in tv per protesta e dopo esser stata ordinata prete da parte di un movimento cattolico indipendente dalla chiesa di Roma, in pochi hanno preso sul serio questa ennesima svolta spirituale, come se fosse una Nico che le prova tutte prima di abbandonarsi all’inesorabile destino che l’attende. I paragoni con la chanteuse dei Velvet Underground sono suggestivi. Voce che perfora il cuore, personalità ribelle e animo perduto sono solo alcune delle somiglianze tra due donne dal carisma inarrivabile. Mentre, però, la ex modella tedesca si è rifugiata nell’eroina per scappare dall’oblio della vita, la ragazza irlandese dalla testa rasata ha sempre provato a trovare una via spirituale, più alta, per sublimare gli orrori del mondo, le colpe dell’umanità. Il sentore nell’aria è che questa possa essere un’occasione unica per vederla all’opera. La paura che possa tornare di nuovo a rinunciare alla sua carriera musicale o a cedere definitivamente ai suoi demoni è tanta. Paura che diventa irrilevante appena Sinead apre bocca. La sua voce appare, sin dalla prima nota, più calda, precisa e travolgente che mai. Il suo entusiasmo sembra quello di un bambino davanti al suo giocattolo preferito, di un adolescente che scopre le meraviglie del primo amore. Sinead
La band di 5 elementi, con tanto di barriera architettonica trasparente per la batteria, la conosce e le dà manforte. Alla sua sinistra sembra quasi di vedere un Kevin Parker arrivato dritto dritto dai Tame Impala che imbraccia la chitarra elettrica, con quei capelli lunghi e liscissimi. Alla sua destra invece una novella Sheryl Crow, capelli biondi e mossi e con quel tipico allure da cantautrice country, accompagna la voce della O’Connor con una suggestiva chitarra acustica.

Per chi, come me, si aspettava un incipit emotivo e struggente, memore del mai abbastanza celebrato “I Do Not Want What I Haven’t Got”, si sbaglia di grosso.

L’inizio è spettacolo puro. Sulle note di “Queen of Denmark”, “Take me to church” e “4th & vine”, tratte dagli ultimi due album in studio della cantante irlandese, il mood dal vivo è di un divertito rhythm and blues, accogliente e trascinante. Sinead, avvolta nel suo hjiab, saltella contenta e la nostra Sheryl Crow, alla sua destra, continua a sorridere sormiona, quasi a volerci dire: “non ve lo aspettavate eh?”.
Con “Reason with me” arriva la prima ballad e l’atmosfera si trasforma all’istante. Tutto è ancora più concentrato sulla performance della O’Connor. Tutto è più rarefatto. Tutto è magia. Magia che si eleva in qualcos’altro di indefinito quando, dopo “The wolf is getting married” e “Jealous”, arriva il momento di “I am stretched on your grave”. La cantautrice irlandese lo sottolinea subito quando avverte il pubblico, senza andare troppo per il sottile, che ora non c’è più niente da ridere (il suo linguaggio è stato meno edulcorato). Che questa è una canzone triste, dolorosa. La band esce dal palco. Rimane solo lei e il tastierista. La performance vocale è da brividi. Sembra quasi che sappia che questa è la canzone che mi ha fatto innamorare di lei. Sembra quasi voglia farmi un regalo a farla in quel modo. Solo per me. Il momento di sospensione eterea continua con la successiva “In this heart” nella quale le si affiancano, abbracciandola e cantando in un unico microfono, dapprima la nostra Sheryl Crow e poco dopo anche il nostro Kevin Parker, che impreziosiscono, con le loro seconde voci, un brano a dir poco toccante. Una preghiera forte quanto un uragano. Grande quanto il cielo. I fatati arpeggi della chitarra acustica introducono il grande classico “Black boys on mopeds” e proseguono il loro percorso con “Harbour”. Il pubblico è commosso visibilmente sulle note di “Thank you for hearing me” subito prima del trittico direttamente proveniente dal suo album capolavoro “I Do Not Want What I Haven’t Got” ovvero “Last day of our aquaintance”, “The Emperor’s new clothes” e finalmente l’attesissima “Nothing compares 2 u”. Fiumane di telefoni in aria riprendono il momento per immortalarlo. Io preferisco farlo guardandola in quegli occhi chiusi, più espressivi di qualsiasi occhio aperto. Le sue mani tremano ed è facile capire quanto le sia costato cantare questa canzone; quanto il rapporto con essa sia per lei di odio/amore; quanto questo renda l’esibizione ancora più personale, ancora più preziosa.Sinead

Dopo “Hold back the night” e i bis “Milestones” e “Back where you belong” è arrivato il momento di congedarsi e la nostra eroina ci lascia con un commosso “thank you very much, good night” detto con un filo di voce, stanca ma felice di aver ricevuto un bagno di affetto così grande dal suo pubblico. Esce di scena mentre la band è ancora intenta a terminare la canzone e non sai se la rivedrai mai più in questo stato di grazia, non sai se la rivedrai mai più. A concerto finito le casse del locale suonano “All tomorrow’s parties” cantata da Nico e il cerchio si chiude.
Capisco come anche e soprattutto per Sinead O’Connor la musica sia la chiave di salvezza, il porto sicuro dove attraccare quando le difficoltà della vita sono troppo difficili da superare, quando l’esistenza ti ha dato il benservito, quando non c’è più altra speranza nella quale rifugiarsi.

Oh musica! C’è qualcosa che non puoi fare?

SETLIST:

Queen of Denmark
Take me to church
4th & vine
Reason with me
The wolf is getting married
Jealous
I am stretched on your grave
In this heart
Black boys on mopeds
Harbour
Thank you for hearing me
Last day of our aquaintance
The Emperor’s new clothes
Nothing compares 2 u
Hold back the night

BIS:

Milestones
Back where you belong

 

 

 

Andrea Castelli

“All I want in life is a little bit of love to take the pain away, getting strong today, a giant step each day” (“Ladies and Gentlemen we’re floating in space” - Spiritualized)