Live Reports

Fratelli per Sempre

“Uno, nove, sette, sette, suoni dal garage”, forse il senso di tutto questo amore sta proprio lì. Nuvole di Rabbia arriva quasi in fondo a un concerto che consacra definitivamente i Fratelli di Soledad alla leggenda, 150 minuti di sudata collettiva per un migliaio di innamorati che da troppo tempo attendevano questo ritorno.
29 novembre 2019, trent’anni dopo (giorno più, giorno meno) il primo concerto con Bobo Boggio alla voce, è lui ad aver spronato Vacha, Josh, Scasso, Alby, Sergio, Giotto e Gabriele a torna insieme su un palco. Manca giusto Zorro Silvestri ma è solo una questione corporea, è il suo genio creativo quello che esce da microfoni e amplificatori, è una notte di festa e che lo voglia o meno anche lui sta festeggiando qui insieme a noi.

fratelli di soledad
La prima volta che li ho visti avevo i brufoli, oggi viaggio verso i cinquanta ma accanto a me ci sono ventenni veri e sono tentato di chieder loro un autografo e un perché. Deve centrare qualcosa questo scambio infinito di vibrazioni così difficili da raccontare ma tanto facili da vivere. Meglio ancora se in compagnia di ospiti che sono il Bignami della migliore scena sonora torinese. Ci sono Bunna, Cato e Papa Nico, c’è Marco Ciari che se non tenesse per la giuva sarebbe il mio idolo, c’è Mario Congiu (probabilmente il miglior chitarrista del mondo), c’è il sax di Parpaglione e persino un quartetto d’archi che dubito si sia visto così spesso all’Hiroshima Mon Amour.
Ci sono quelle quattro canzoni finali che varrebbero da sole la fatica di essersi conquistati e difeso il posto in transenna, resistendo alla sete e alla voglia di far pipì che in certi momenti può assomigliare a una vera e propria tortura. The Guns of Brixton, il primo brano dei Clash firmato da Paul Simonon, un reggae sporco con quelle parole che non ti lasciano scelta: “Quando prenderanno a calci la tua porta come conti di uscirne? Con le mani in alto o sul grilletto della pistola?”.fratelli di soledad
“Sogni non ne ho più, e se il vero è sulla strada, lì camminerò”, sembra quasi una risposta. E’ la Ninna Nanna dei Bastardi, confezionata da Zorro per quel Fratelli Senza Paura che da quasi dieci anni aspetta un seguito che non è più arrivato.
Quello che potrebbe arrivare è invece un bel disco testimonianza di questa serata, che immortali anche i fischi dei microfoni, da mettere a fianco di quello del 2003 che prende nome dal loro pezzo capolavoro. Sulla strada è infatti la penultima tappa di una scaletta che non ci ha fatto davvero mancare nulla, storia di emarginazione e dignità che Bobo si diverte a stoppare per mettere alla prova il pubblico. “Fate finta, non la conoscete, sulla strada sulla strada ma poi le parole non le sapete”, è un gioco che stempera parole che in realtà sono pietre pesanti e somigliano molto alla poesia. “Fuori dal gioco perché sono sulla strada. Sogna spesso, lo sai uno come me. Piscio corto però con il cuore in gola. Senza fretta perché non ho più l’età”.
“Tra noi tutto è finito l’amore non c’è più, mi son tagliato un dito il sangue cola giù. La spilla della nonna l’ho già buttata via e coccole e carezze falle al cane di tua zia. La mole antonelliana l’han costruita apposta mi dondolo nel vuoto mi butto giù di testa. La mole antonelliana l’han costruita apposta ma prima di buttarmi aspetto una risposta”. Da 25 anni il dilemma su come sia andata a finire con Silvia continua, come continua la storia dei Fratelli di Soledad. Perché no un gruppo così non ha diritto di appendere gli strumenti al chiodo, noi abbiamo ancora bisogno di “Gridalo forte non voglio un re, un papa o un duce che decida per me”.