A piedi nudi nel palco – Hannah Williams & the Affirmations – Live at Spazio211
Pronti, via. Neanche il tempo di vederla arrivare davanti al microfono che la personalità prorompente di Hannah Williams ci stende: attacco “a cappella” e quella fantastica voce viene seguita dall’ingresso della band per Sinner, uno dei brani migliori di “50 Foot Woman”, l’ultimo favoloso album (ne abbiamo parlato qui). La ragazza ha sorpreso tutti, Roberto e io eravamo ancora appoggiati al bancone del bar di uno Spazio 211 non molto affollato: e prendete questa espressione per eufemistica, perché le presenze erano così scarse da instillare immotivati sensi di colpa in tutti i presenti, che si guardavano attorno smarriti chiedendosi se avessero scordato di chiamare qualche amico o passare a prendere qualche ragazza alla quale avevano promesso una serata ad alto tasso di soul. Un vero peccato, alla luce di quello che sarebbe andato in scena da quel momento.
La puntualità con la quale gli Affirmations e la loro carismatica cantante affrontano la data torinese del loro piccolo tour italiano materializzandosi sul palco, ci fa temere di aver attraversato il confine elvetico senza essercene accorti, ma è probabile che si sia trattato di quel concetto desueto che va sotto il nome di “professionalità” e che riconsidereremo più volte nel corso della performance. Perché quelli presenti in scena sono nove elementi giovanissimi (credo nessuno di loro superi i trent’anni) che paiono avere l’esperienza di navigati soul brothers (senza scordare le sisters Victoria Klewin e Hannah Nicholson, ovvero le avvenenti e bravissime coriste, presentatesi anche loro a piedi nudi come la leader) e che senza alcuna sbavatura accompagnano quella leonessa dal ciuffo biondo che propone un genere che, se lei fosse meno pallida, sarebbe salutato con maggior convinzione dagli amanti della black music.
La compagine inglese dimostra un affiatamento incredibile e tratta con autorità le canzoni del nuovo disco, pubblicato da poco più di un mese, così come porge sentite interpretazioni dei brani del precedente (compresa la favolosa versione di Dazed And Confused dei Led Zeppelin, ovvero la cover che non ti aspetteresti da un gruppo del genere).
Tom Taylor a destreggiarsi tra sax baritono e tenore e Liam Treasure al trombone, propongono una sezione fiati che riempie il suono con contrappunti calibrati, mentre il basso di Adam Newton segue diligentemente l’andamento, ora sinuoso e ora irruente, del drumming di Jai Widdowson-Jones. Il chitarrista Adam Holgate riffeggia con la sua splendida Guild, producendosi sporadicamente in assoli concisi, così come il funambolico James Graham, autore della maggior parte dei brani proposti, riserva raramente per sé le luci della ribalta, benché la coloritura dei pezzi sia sostanzialmente farina del suo sacco, ma quando lo fa si rimane attoniti.
Hannah Williams tiene il palco con disinvoltura e manifesta tutto il suo appeal, dimostrandosi simpatica e decisa ad offrire il meglio al pubblico, indipendentemente dall’esiguità dello stesso. La scaletta pesca abbondantemente dagli ultimi due dischi ed è un perfetto equilibrio tra brani tirati e ballads. Dalla cavalcata di How Long? alla raffinatezza dell’intro vocale di What Can We Do? (impressionante il controllo sulla voce operato da Hannah e le sue coriste), passando per momenti di lirismo assoluto quali la già citata Sinner o Please Be Good To Me o incrociando la frenesia di 50 Foot Woman e The Only Way Out Is Through, il concerto non ha momenti di calo e mantiene uno standard qualitativo di alto livello, come ci si poteva attendere in base all’ascolto dei dischi, e la soddisfazione dipinta sui volti dei ragazzi al termine, la dice lunga circa la convinzione con la quale portano in giro per il mondo la loro versione del concetto di soul band (come non pensare ai Commitments, guardandoli?) e la capacità di risultare assolutamente credibili in questa mission.
Un consiglio? Quando Nicolò Pozzoli, fondatore della Record Kicks, punta su un artista, state pur certi che varrà l’ascolto. E dal vivo sarà sicuramente imperdibile. Noi ve l’abbiamo detto, eh?
foto di Roberto Remondino