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Tra la musica e la scienza…i Deproducers. Intervista a Vittorio Cosma

Leggendo le note biografiche e musicali di Vittorio Cosma – pianista compositore e produttore, una delle figure di riferimento della scena musicale italiana, con collaborazioni che però investono anche figure di spicco del panorama rock mondiale – capita di sentirsi un po’ in soggezione, quasi come se ci si trovasse di fronte ad un grandissimo scienziato: un vero e proprio premio Nobel, ma con una punta in più di rock. Il che certamente non guasta.
Tra i suoi progetti più interessanti, Il progetto più recente è quello dei Deproducers, un collettivo di musicisti e produttori formato da Gianni Maroccolo (Litfiba e CSI), Max Casacci (Subsonica) e Riccardo Sinigallia (Tiromancino). Oltre che, ovviamente, da Vittorio. Per questo, quando lo sento al telefono, mi aspetto quasi che mi risponda come se fosse un cattedratico, dandomi subito del “Lei”. Ma, come spesso succede anche per i più grandi ricercatori e scienziati del mondo, per lui non è così. E le distanze, da siderali che potevano essere, si fanno di fatto subito infinitamente prossime.
Ci salutiamo subito amichevolmente, e digeriti un paio di gradevoli convenevoli, passiamo subito al succo del discorso: che è per l’appunto il suo lavoro con i Deproducers, il loro ultimo album “DNA”, e l’imminente tour che – a partire dal 2 Novembre – toccherà, almeno inizialmente, 6 grandi città italiane.
Con un progetto innovativo ed interessante: avvicinare le persone comuni alla scienza e alla divulgazione scientifica, tramite la musica, e facendole anche divertire.

“Vittorio, anche se uno non ti conoscesse affatto, leggendo le tue note bio all’interno della pagina dei Deproducers, se ne raccoglierebbe l’impressione di una vita fatta della stessa sostanza di cui è fatta la musica: collaborazioni con grandi musicisti e artisti che, per converso, possono però a buon diritto fregiarsi delle loro collaborazioni con te. Ho studiato per sommi capi la tua carriera: non ti viene a volte paura che la difficoltà, a questo punto e visto appunto quanto di ottimo sei riuscito a fare, possa davvero essere quella di riuscire a fare qualcosa di nuovo, di diverso nel prossimo futuro?”
“Già il continuare ad oscillare tra queste cose – per esempio al momento devo fare una colonna sonora su un lavoro solo musica e immagini, senza dialoghi – poi c’è DNA, il nuovo disco dei Deproducers, con una nuova disciplina scientifica da scoprire insieme a tutti i miei amici…insomma, ognuna di queste, cose ha in sé, già ha molti elementi nuovi. E mettiamo il caso che il prossimo nostro disco tratti “L’Energia” o la “Robotica”, sarà già una nuova e interessantissima avventura andare ad interagire con gli scienziati per entrare anima e corpo nella nuova disciplina. Dulcis in fundo, stiamo adesso mixando il nuovo disco dei Gizmodrome, progetto che porto avanti con la collaborazione di Stewart Copeland. Poi c’è la mia casa di produzione…insomma, cerco di mantenermi sempre curioso, e per essere curioso ce n’è tanta di roba. “

“Di certo non ti annoi, questo è chiaro. Guardando però alla produzione e al percorso che state facendo con i Deproducers, il tratto che si riesce a cogliere immediatamente è che siate passati dall’infinitamente grande con il vostro primo album “Planetario”, all’infinitamente piccolo: il prossimo passo sarà un salto verso la fisica quantistica e i neutrini o, con DNA, credi possa ritenersi soddisfatto il vostro percorso scientifico-compositivo?”
“Guarda, di discipline ne abbiamo già immaginate tantissime, dalla robotica all’energia, alla matematica, filosofia e la politica: tutte discipline che possono sembrare ostiche e noiose ma che, fatte in questa maniera, diventano interessantissime. Prima di tutto per noi stessi che le trattiamo, ma poi anche per il pubblico che assiste ai nostri spettacoli. Poi, certo, per passare da questa rosa di discipline ad un album, si devono verificare una serie di sinergie non scontate: trovare uno sponsor che sia etico e che capisca il nostro progetto, trovare lo scienziato giusto che voglia investire tempo e “fatica”… insomma, ci vogliono le giuste congiunzioni.”

“E in effetti, siamo nel luogo e con il giusto interlocutore per parlare di “congiunzioni astrali”. I Deproducers nascono con lo scopo di rendere accessibile la scienza attraverso la musica. Avete fatto questo passaggio non scontato, che vi rende un unicum all’interno della musica italiana e, probabilmente, mondiale: in questa attività educativa su musica e scienza, avete avuto una risposta, o magari un interessamento anche dall’istituzione “scuola”? Ci sono state delle richieste – se non dal Ministero – quantomeno dai comprensori scolastici?”
“Certo: anzi, abbiamo fatto parecchie matinee per le scuole! Sia per le Università che per i Licei e (udite udite!) anche per le scuole Medie che, nonostante noi fossimo un po’ “spaventati” nel portare il nostro spettacolo in un tale contesto – perché facciamo musica comunque ‘psichedelica’ e non con la classica forma ‘canzone’, trattando oltretutto argomenti parecchio seri e ‘ingessati’ – sono stati il miglior pubblico che potessimo avere: attentissimo, con applausi al momento giusto, curiosi e interessati. Entrano senza preconcetti ad assistere a questi spettacoli che noi proponiamo, in un linguaggio certamente nuovo fatto di musica, parole e immagini, che non sono solo ‘formali’, ma che hanno una sceneggiatura e drammaturgia. Una vera e propria opera, un contesto quasi filmico.”

“Su questo ti posso personalmente rimandare una piccola conferma, visto che ho in casa un piccolo decenne che – quando ascolto musica – spesso e volentieri mi si affianca incuriosito, e che nel caso dell’ascolto di “DNA” ho visto particolarmente attento e voglioso di saperne di più. Quindi credo che potrebbe aprirsi anche un nuovo continente di ascolti nella fascia della quinta elementare!”
“Fallo venire al prossimo concerto dei Deproducers allora! Son certo che non ve ne pentirete”

“E’ certamente un invito che raccolgo molto volentieri: il vostro concetto di educazione alla musica e alla scienza, e ad entrambe contemporaneamente, è una poetica che sposo in pieno. Visto soprattutto che – nel vostro prossimo tour – passerete anche da Torino, nel 2020 (Esattamente al Teatro Colosseo il 24 Aprile, Ndr). Devo ammettere che, ascoltando la vostra musica, mi incuriosiva però anche molto il vostro modus operandi, viste le vostre diverse esperienze musicali, e i percorsi personali di ognuno di voi certo non completamente sovrapponibili. Che modalità compositiva vi siete dati? Ognuno propone i propri pezzi e poi scegliete collegialmente quali introdurre nell’album per poi lavorarci? Decidete un macro-argomento, e poi iniziate a comporre? “
“E’ mista. La maggior parte delle cose succede “in diretta”. Io ho voluto che ci fosse un luogo fisico in cui ci potessimo incontrare tutti e – suonando – ci potessimo confrontare ‘live’. Si inizia abitualmente con due o tre estese sessioni di circa una settimana ciascuna, in cui andiamo lì e suoniamo liberamente senza nemmeno un canovaccio. Oppure si parte da una idea ma assolutamente in embrione: nulla di particolarmente sviluppato insomma. Raramente è capitato che si lavorasse su un pezzo già pronto, che ad uno di noi del gruppo pareva che potesse stare all’interno di quel dato album – come ad esempio il pezzo conclusivo di “Botanica”, che era un brano da me composto a cui poi gli altri musicisti hanno aggiunto qualcosa di proprio, o in DNA in cui c’è un pezzo nato già in precedenza da un’idea di Max (Casacci, Ndr) – ma il novanta percento di ciò che pubblichiamo è scritto tutti insieme, magari sullo spunto di uno o il lavoro di un altro: proprio un lavoro da band.”

“Immagino che però il macro-argomento venga scelto prima e sia alla base dell’album…”
“In effetti, io faccio prima una parte di lavoro sul testo. Cioè, individuo la disciplina – sottoponendola ovviamente prima a tutti gli altri – e successivamente trovo 10\12 argomenti riguardanti quella disciplina, che possono risultare molto interessanti e che possano soprattutto spiegarla in toto, facendo una specie di azione “didattica” per renderla comprensibile a tutti. Una volta scelti questi argomenti mi confronto con lo scienziato che abbiamo scelto (quello che riteniamo il più adatto) e lì lui interviene modificando, integrando, correggendo. Non faccio però mai scegliere allo scienziato di cosa parlare, lo decido io: mi metto cioè io stesso nei panni di uno spettatore. Poi, messi giù bene gli argomenti, li appendo ai muri dello studio di registrazione e suonando insieme – quasi in maniera serendipica e automaticamente, naturalmente – nascono le ‘accoppiate’ tra testo e musica. Tanti per fare un esempio, parlando del brano “Suite cellulare” contenuto in DNA, mentre suonavamo ci siamo accorti che ciò che stavamo suonando era perfetto per quel certo brano, visto che si sentiva una molteplicità di strumenti e sovrapposizioni: una volta assegnata la “partitura”, da lì in poi si va avanti affinando il pezzo, in un gioco di aggiunta e sottrazione che viene fuori dalla nostra cooperazione, magari aggiungendo anche una parte testuale. E’ un vero e proprio lavoro di ricerca di un linguaggio diverso: che è ciò che ci rende divertiti e soddisfatti.”

“Ecco, mi fa piacere che arrivi anche da te questo spunto. Perché ascoltando la vostra produzione – senza entrare nel merito della cura sonora e della profonda varietà dei vostri Dna musicali che pare anche di incontrare nell’ultimo vostro lavoro – la prima sensazione che ho percepito è stata quella del divertimento. Cioè, mi sono scoperto sorprendentemente divertito nell’ascoltare il vostro connubio di arte e scienza, che definirei in effetti come “gaia”, alla stessa maniera che intendeva Nietzche: si può dire che questo stesso divertimento pervada anche il vostro animo mentre componete e suonate la musica dei Deproducers”? Che ne sia il collante anche laddove le vostre esperienze musicali passate non sempre convergono?“
“Assolutamente! La scienza è un serbatoio d’ispirazioni poderoso, nascono spunti e idee ogni tre minuti. Immagina ad esempio di dover scrivere dei testi (e argomenti) tout-court per metterli poi in musica: “L’amore”, “Noi”, “La città” “Il domani”… mi sono rotto le scatole già solo a raccontartelo qui, ora! Invece prova a figurarti uno che arriva e ti dice “Noi siamo esattamente una socialdemocrazia vivente: ci sono 30mila miliardi di cellule, il cui scopo non è quello di eternarsi e farsi i ‘cazzi propri’, ma di lavorare tutte per il benessere della collettività”. Ecco, questa si che è una cosa potente e divertente. Dell’amore e della passione, in musica è stato già detto tanto e quasi tutto: per dire qualcosa di nuovo devi essere davvero bravo ed ispirato.”

“Il disco si apre con “L’abiogenesi” (dal greco a-bio-genesis, “origini non biologiche”), o informalmente l’origine della vita, che è il processo naturale con il quale la vita si origina a partire da materia non vivente, come semplici composti organici…”
“SI, è il secondo più grande mistero dell’umanità, essendo il primo il Big Bang (da dove viene tutto). Il secondo invece è per l’appunto “L’abiogenesi”: com’è possibile che da fuoco, fulmini, meteore ed esplosioni sia nata una molecola capace di replicarsi e di muoversi? Davvero un grande mistero, e un grande argomento, da mettere in musica.”

“In assoluto, si: lo è. E iniziando DNA con questo, poi lo chiudete con “Serendipità”, che – detto banalmente – è la capacità di rilevare e interpretare correttamente un fenomeno occorso in modo del tutto casuale, durante una ricerca scientifica orientata verso altri campi d’indagine.”
“La serendipità è proprio – a mio modo di vedere – il massimo collegamento tra tratto scientifico, musica e vita: adotto la stessa idea, su questo, che aveva John Lennon quando diceva “La vita è quello che ti succede quando sei intento a fare qualcos’altro”. La ricerca in sé stessa va sempre alimentata, perché le più grandi ricerche scientifiche sono state fatte per caso mentre si cercava qualcos’altro: i raggi X, la Penicillina, la chemioterapia…mille cose. Noi cerchiamo proprio di fare in modo, con il nostro lavoro, che la gente capisca che studiare, ricercare, non è roba ‘radical chic’. E’ ciò che può letteralmente salvarti la vita.”

“E questo è di certo una fantastica missione, a prescindere da quella di voler fare comunque dell’ottima musica: che – tengo a dire, ripentendomi di certo – mi sono davvero divertito molto ad ascoltare, a prescindere dalla parte scientifica e tecnica, che per l’appunto la musica in sé sostiene, e amalgama: substrato e catalizzatore.”
“Il Live è il motivo di essere di questo progetto. Tu hai ascoltato solo una parte finora, ovviamente: invece “live” tu avrai uno scienziato che ti racconta, con capacità ed enfasi e con l’aiuto delle schede, la scienza… poi noi che suoniamo, e le immagini proiettate su schermo che ti aiutano a capire il tutto. Quella è l’esperienza più forte.”

“Guarda, devo ammettere in effetti che già solo mentre ascoltavo l’album (senza l’interferenza e l’aiuto dell’associazione “scienziato-immagini” che si avrà poi allo spettacolo) io mi immaginavo una certa messa in scena, e già solo in quello ci si rende conto che il puro ascolto dell’album non sia lo scopo primario della vostra musica. “
“Sono assolutamente due esperienze diverse, e diversamente vanno certamente vissute e fruite.”

“Una mia curiosità personale: ascoltando bene questo vostro ultimo lavoro, esce forte l’impressione che in questo album esca molto più forte anche l’impronta di Max Casacci rispetto ai vostri precedenti. E’ un’impressione per te corretta?”
“Su questo aspetto devo dirti di no: non è così. Anzi: sempre di più stiamo riuscendo ad avere un nostro sound. Poi certo, in alcune parti noti chi è che ha dato il tocco di maggior colore al brano. Ad esempio, la parte di piano e coro contenuta nel brano “Caso e necessità” è molto mia, magari invece lo un certo tocco di Max lo puoi notare nel brano “Dna”, che è più apertamente elettronico. Puoi notare di certo degli ingredienti personali, ma in realtà ci stiamo rendendo conto di stare riuscendo sempre di più nell’intento di sviluppare un nostro sound. Il nostro suono”

“In alcuni brani della vostra produzione, passando da Planetario per poi arrivare a Botanica e a DNA, ho avuto una sensazione (di sicuro personalissima) simile a quella che provo quando ascolto certi brani dei Massimo Volume: tu di certo li conosci, visto che hai avuto modo di collaborare con Emidio Clementi. Che ne pensi di questo accostamento?”
“Cerchiamo entrambi di trovare qualcosa che vada al di là della forma canzone, in questo senso certo che si. Lui è più poesia su musica, mentre noi cerchiamo di fare qualcosa un po’ diverso, con dei discorsi, delle frasi che ti inducano ad ascoltare la musica anche in un altro modo, più particolare. Quello che mi piace di entrambi, che ci accomuna e che adoro pertanto anche di Emidio, è che entrambi stiamo facendo ‘ricerca’: stiamo cercando una strada nuova.”

“Io di solito concludo le mie interviste con una domanda di rito, mutuata da uno dei miei film culto sulla musica rock (che poi è il substrato del mio DNA): il film è Almost famous di Cameron Crowe, un film che parla d’amore, per la musica, per le persone e – alla fine – per la vita in sè. La domanda in particolare, è quella su cui si fonda tutta la pellicola, e che conclude il film: Vittorio Cosma, cos’è che ami (ancora) tu, della musica?”
“Tutto!”

Lo dice ridendo, quasi l’avesse fatto apposta a dare proprio quella risposta; ammettendo poi successivamente, però, di non ricordare che proprio con la stessa parola Russel Hammond, l’incendiario chitarrista di Almost Famous, concludeva il film, e la storia del suo fantastico viaggio di formazione reciproca con William Miller. Quindi, la miglior risposta per concludere questo nostro viaggio alla scoperta di una musica che non è solo musica ma anche divulgazione, fatta per avvicinare le persone a quella scienza che è anche una partitura e un testo musicale.
Un vero ciclo umano: perfettamente riuscito.

 

DEPRODUCERS in Tour

02/11 Genova Festival della Scienza – Teatro della Tosse
23/11 Napoli – Futuro Remoto / Città della Scienza
29/11 Milano – Teatro Dal Verme
11/03 Bologna – Teatro Duse
22/04 Fasano (Fasano Musica) – Teatro Kennedy
24/04 Torino – Teatro Colosseo

 

 

Stefano Carsen

"Sentimentalmente legato al rock, nasco musicalmente e morirò solo dopo parecchi "encore". Dal prog rock all'alternative via grunge, ogni sfumatura è la mia".