Live Reports

I Wilco sono l’Ode alla Gioia – Gran Teatro Geox, Padova 20 settembre 2019

Ecco più o meno come funziona tra di noi. Guidando verso la venue della serata ci si racconta di concerti visti in passato e dei viaggi fatti per vederli. Laura dice di aver visto una sola volta Springsteen all’Arena di Verona nel tour con la Seeger Session Band. Rispondo: “Bello quel tour, ne vidi due date, a Torino fecero una versione fighissima trainata dagli ottoni di Rag Mama Rag di The Band”. Laura dice di non ricordare quella canzone. Dopo estenuanti code usciamo a Vicenza dove recuperiamo Ettore che ospiterà mia moglie e me per la notte, mentre Laura aveva prenotato una stanza d’albergo.Jeff Tweedy, Glenn Kotche, John Stirratt, Patrick Sansone

Ettore oltre a essere un libero professionista è anche un bravissimo DJ, “mettere dischi è come cucinare: scegliere gli ingredienti, aggiungerli al momento giusto della cottura, correggere e modificare le scelte. Ma cucinare si sa è anche un atto d’amore”.
Ettore dice che “per quante volte possa andare a vederli da qui alla fine della mia residua permanenza sulla terra resto sempre in debito con i Wilco.
Nel 1999 erano soltanto un nome tra i tanti nella serie che Rumore ogni tanto snocciolava.
In qualche modo la mia testa, alla lettura dell’etichetta “alt-country” li aveva esclusi dal poter essere la mia potenziale “tazza di te”.
Cosi l’11 luglio di quell’anno, quando a Bologna suonarono quel capolavoro che porta il nome di “Summerteeth” schiacciati tra gli amati Afterhours di “Non è per sempre” e i tardi ma ancora fascinosi Suede di “Head up” tutti e tre in apertura agli “dei” R.E.M. non badai più di tanto al loro show.
Troppo disattento nel bailamme di chiacchiere per lasciarmi coinvolgere da quelle canzoni che qualche anno dopo mi avrebbero folgorato.
E cosi il mio primo appuntamento al buio con i Wilco non fu propriamente quello che si dice un amore a prima vista. Un gran rimpianto alla luce di quello che mi hanno poi donato le successive volte in cui ci siamo trovati di fronte”.

Mia moglie Roberta ed io, manchiamo da un po’ di anni a un concerto della band di Chicago. Lei non è appassionata di musica quanto lo sono io ma loro sono i suoi preferiti e negli anni li abbiamo inseguiti in Italia e all’estero. I Wilco rappresentano il pretesto per andare a visitare città europee e italiane che non conosciamo. Padova è stata scelta per questo motivo. Per loro siamo stati in Svizzera, Francia, Germania e Spagna, mete raggiungibili in auto, data la mia idiosincrasia verso gli aerei. Insomma, è il gruppo che abbiamo visto più volte in assoluto e nelle condizioni più disparate: arene, discoteche, festival all’aperto, palasport. Dappertutto.

Il Teatro Geox è una bella location di medie dimensioni molto accogliente con tutte le sue belle poltroncine allineate, che al momento dell’ingresso sul palco degli OHMME sono quasi interamente occupate. Laura riesce ad accaparrarsi un posto in prima fila, noi siamo appena più indietro e spostati un po’ lateralmente. Incontriamo anche gli amici del gruppo FB Wilco Italia e altri appassionati conosciuti in precedenza. Il palco è molto ampio e per questo ne guadagnerà il light-show che risulterà bellissimo nella sua semplice eleganza. Perfetto sarà anche il suono, ampissimo in dinamica e profondità.

Alle 21:30 accolti dal boato dei presenti il sestetto prende posto sul palco. Jeff Tweedy è in versione Lotso Grandi Abbracci, appare invece al top della forma vocalmente e lo dimostrerà per tutta la durata del concerto. È il tour di presentazione del nuovo album “Ode to Joy” che uscirà il 4 ottobre e dal nuovo disco verranno presentate ben sette canzoni. Due subito in apertura: Bright Leaves e Before Us, l’impressione è che siano due brani importanti, entrambi sfoggiano un suono votato al minimalismo e necessitano di altri attenti ascolti per essere pienamente metabolizzati. Le altre canzoni sono state disseminate lungo lo show e i due singoli scelti come antipasto del nuovo disco, Love Is Everywhere (Beware) e Everyone Hides (che faceva già parte del repertorio del Tweedy solista), forti del loro piglio più leggero e pop si sono armonizzate più facilmente all’interno della setlist. Scaletta che i Wilco possono permettersi di modificare 1000 volte e per 1000 volte soddisferà ogni ascoltatore presente in sala. Questo perché i vecchi brani hanno ormai raggiunto lo status dei classici e vengono eseguiti con una naturalezza e una tale perizia tecnica che non è e non sarà mai sfoggio gratuito di bravura.
Leggete cosa si sente su di loro.
Ettore: “Wilco è per me la naturalezza di arrivare al cuore delle persone con la semplicità disarmante di chi dentro di sé ha qualcosa che a te manca e di cui senti di avere bisogno.
Quella virtù che pare la cosa più semplice del mondo pur essendo certamente frutto di duro e faticoso lavoro, di prove e studio tali da trasformare la scintilla del talento in una vampa di conforto e di pura gioia.
Al di là di ogni commento sulla assoluta superiorità di supremi musicisti le cui doti sono sempre e solo al servizio delle canzoni, questo sono stati i Wilco anche ieri sera.
E dentro di me anche ieri, a fine concerto, ho chiesto loro scusa per quel senso di strafottente superiorità che mi permise di ignorarli venti anni fa”.

Roberta è mia moglie, anche lei ha qualcosa da raccontare dei Wilco.
“Stasera hanno suonato benissimo, credo suonino ogni volta un po’ meglio della precedente. Li ho visti davvero in forma e il concerto è stato un continuo crescendo di intensità e dinamica; hanno iniziato con i pezzi lenti e poi sono saliti col ritmo e i volumi. E poi il pubblico è stato fantastico, era attento e preparato. Li abbiamo sorpresi e resi felici, hai visto come erano allegri? Non si aspettavano un’accoglienza del genere”.Nels Cline, Mikael Jorgensen

Le note di I Am Trying to Break Your Heart, a proposito di super classici, vengono riconosciute immediatamente e sono ogni volta bellissime. Un deciso colpo d’ala, One Wing appunto, e il concerto decolla completamente. È alla sua prima apparizione nelle scalette di questo tour, la canzone per quelle chitarre scintillanti e affilate sembra materializzarsi da un disco degli anni ’70 e la sua esecuzione é di una bellezza abbacinante. Dallo stesso disco col cammello arriveranno anche Bull Black Nova che dal vivo si presenta come alternativa a The Art of Almost e Spiders (Kidsmoke) che infatti non saranno presenti in scaletta, e, per la gioia del lato più pop di Roberta l’inattesa You and I anch’essa al debutto stagionale e piccola rarità. Per ovvie ragioni tutti i cavalli di battaglia sono presenti: il pubblico si spella le mani agli assoli di Nels Cline in Impossible Germany davanti al quale Tweedy si toglie il cappello appena acquistato in segno di sincero riconoscimento. Via Chicago mi fa invidiare coloro che l’ascoltano per la prima volta dal vivo, la parte in cui una sezione del gruppo fa un baccano infernale e l’altra prosegue nella normale esecuzione del brano fa sempre spalancare la bocca dallo stupore. How to Fight Loneliness fa scendere qualche sincera lacrima a molti dei presenti e California Stars permette al gruppo di toccare il loro lato più country e a Pat Sansone di esibirsi in un eccellente assolo al banjo. Pat è un musicista fantastico, è in grado di suonare di tutto ed è da ritenersi il vero collante del gruppo, il suo è un compito di tessitura e rifinitura ma lo vedremo anche far casino e mulinare il braccio che nemmeno Pete Townshend e schitarrare furiosamente in I Got You (at the End of the Century), che sarà anche il brano più vecchio in scaletta. Parlando di furie dietro agli strumenti: Glenn Kotche. Cosa si può ancora dire di un batterista così? Un animale multitentacolare, devastante e preciso nei pezzi più muscolari e di una delicatezza straordinaria quando serve. Il lavoro di arrangiamento che fa in Reservations è stupefacente, suona con due bacchette per mano e modula il suono con qualche accorgimento elettronico che controlla con la bocca. Quello che si ascolta è incredibile. “E poi è uno strafigo” (Cit. Roberta).

Misunderstood chiude magistralmente il set, il numero di “Nothing” urlati si attesta a 24 e il record rimane imbattuto. Gli encores conteranno ben sette canzoni e dopo un totale di 29 brani, due ore e quindici minuti di spettacolo assoluto il concerto termina con I’m the Man Who Loves You, dichiarazione d’amore nei confronti di un pubblico esemplare tra il quale abbiamo notato una ragazzina forse ancora minorenne che cantava a memoria tutti i pezzi che sono stati eseguiti. Non so se esiste la perfezione e se questa vada ricercata, ma quello a cui abbiamo assistito è uno spettacolo bellissimo ed emozionante.Jeff Tweedy
Saliamo in macchina e rientriamo a Vicenza, non abbiamo cenato e propongo di fermarci per una pizza. Ettore suggerisce un piatto di spaghetti cucinato da lui e optiamo per quello. Lasciamo Laura in albergo.
Il padrone di casa accende lo stereo e mette un disco. La scelta ricade su George Harrison “All things Must Pass”, “così sembra di continuare ad ascoltare i Wilco anche se non sono loro a suonare”. Sintesi perfetta.
Poi ci sediamo a tavola davanti a dei magnifici spaghetti alla bottarga, ci guardiamo e in quel momento che realizzo che abbiamo lasciato Laura a digiuno!

Laura: “Io voglio bene ai Wilco. Perchè non sono distanti, sono lì con te mentre suonano. Sorridono, si lanciano sguardi di complicità, si emozionano, si donano completamente. Credono in quello che fanno e ci tengono veramente che questo loro amore per la musica celebrato in ogni concerto sia compartecipato da tutto il pubblico. Mi guardo intorno e vedo occhi sorridenti e riconoscenti. Il concerto di Padova è terminato con I’m the Man Who Loves You (“If I could you know I would / Just hold your hand and you’d understand / I’m the man who loves you”). L’ennesimo atto di amore da parte di una band che è cresciuta insieme a te negli anni; che ti ha preso per mano aiutandoti a combattere la solitudine. “Non avere problemi a mostrarmi vulnerabile è molto pro

babilmente il mio superpotere” si legge sulla quarta di copertina dell’ultimo libro di Jeff Tweedy intitolato “Let’s Go (So We Can Get Back).” “You’re not alone/ I’m with you / I’m lonely too” scrive Jeff Tweedy in uno dei suoi brani splendidamente interpretato da Mavis Staples. La musica dei Wilco è sincera perchè vissuta. Ti cura le ferite, è balsamica. Ma cosa più importante, ti da gli strumenti per riconoscere la bellezza che c’è in te e negli altri”.

Il giorno dopo è una bellissima giornata di sole settembrino, è sabato e ci sono i negozi aperti. Giriamo per Vicenza che non avevamo mai visto e che Ettore ci descriverà proprio bene. La città è stupenda così Padova ce la riserviamo per il prossimo concerto. Entriamo al Libraccio e compro due autobiografie: quella di Miles Davis e quella di Jeff Tweedy. Pranziamo e poi viene l’ora dei saluti.
A casa sua Ettore mette su un caffè e un disco.
Il caffè è ottimo e il disco scelto è The Band, il secondo omonimo della band di Robbie Robertson e soci, i Wilco degli anni 60.
Il secondo pezzo in scaletta è Rag Mama Rag.
Ripartiamo.

Di Roberto Remondino, Roberta Masieri, Ettore Craca, Laura Aduso.

Non perderti la monografia di Riccardo Magagna su Jeff Tweedy.

Roberto Remondino

"Wishin' and hopin' and thinkin' and prayin' Plannin' and dreamin' each night of her charms That won't get you into her arms So if you're lookin' to find love you can share All you gotta do is hold her and kiss her and love her And show her that you care".