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Stranissimo, bellissimo!

Dev’essere strano vivere con me. È strano anche per me.
(Charles Bukowski)

La verità è sempre strana; più strana della finzione.
(Lord Byron)

“Fortunato chi ce l’ha!
Poverina, lei non sa
D’esser piena di pois.
Una zebra a pois beh, che c’è?
A pois, a pois, a pois!”
(Ivan Cattaneo, “Una zebra a pois”)

Sembra strano – scusate il gioco di parole, visto l’argomento – ma nonostante viviamo in tempi ormai lontani dal Medioevo (in cui tutto ciò che era considerato ‘fuori dell’ordinario” veniva additato come pazzia, eresia o come stregoneria), e a dispetto di parecchi vezzi contemporanei – uno dei quali è certamente quello di cercare di ostentare particolari personali non comuni – il pensiero dominante continua a incasellare ciò che esiste nel mondo in due gruppi: il normale e l’anormale. Stabilire cosa possa essere a buon diritto catalogato nel gruppo della ‘normalità’ è pratica riservata, di norma, a individui senza fantasia e – ovviamente, visto il carattere ripetitivo della cosiddetta ‘normalità’ – senza alcuna cognizione o abilità artistica e poetica (nel senso più creativo del termine).
La norma – come detto – è ripetitiva, standardizzata e linearmente riconoscibile: nella ripetitività ci sono evidenti caratteri rassicuranti, soprattutto per chi non sa confrontarsi con l’inconsueto, ma anche solo con il non conosciuto. Ma è assolutamente un costrutto prettamente umano, una tara culturale, laddove ovviamente ‘cultura’ è inteso nell’accezione meno positiva del termine. Quella che alcuni autarchici pensatori hanno in passato definito come la ‘Cultura propria di un Popolo’, tanto per intenderci. Laddove invece questo costrutto assolutamente innaturale (cioè, lontano dalla Natura degli esseri viventi) non esiste, l’anormale e l’inconsueto non sono termini che possono essere definiti “omologhi”. L’ennesima piccola dimostrazione l’abbiamo recentemente ricevuta dalle zebre del parco Masai Mana sito in Kenya, laddove è stata recentemente avvistato un giovanissimo esemplare “a pois”. Non solo: pare che i colori delle ‘strisce’ e del manto siano assolutamente invertiti, laddove l’uno di solito è bianco e le altre sono nere. A prescindere da questa evidente particolarità, pare che l’animale sia subito stato accolto senza indugio dal suo branco, e dalla sua genitrice.
Questo potrebbe voler dire tante cose ovviamente, ma in tutta onestà me ne vengono in mente soprattutto due: nel mondo animale, si viene giudicati per ciò che si è, e non per come si è fatti (vale a dire che se sei nata zebra, un tuo simile ti individuerà come zebra, mentre un predatore non si farà domande sulla tua diversità mentre ti mangia). La seconda è che, effettivamente, la stranezza può essere tale solo per gli occhi di chi guarda e classifica il mondo: chi lo vive, di solito, non ha tempo per queste attività inutili. E – diciamocelo -anche un bel po’ strane.

Stefano Carsen

"Sentimentalmente legato al rock, nasco musicalmente e morirò solo dopo parecchi "encore". Dal prog rock all'alternative via grunge, ogni sfumatura è la mia".