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La Musica, il tempo e il denaro

(Who knows where the time goes ? )

Negli anni 80, quando ho iniziato, acquistavo venti dischi all’anno, forse arrivavo a venticinque.
Quasi tutti Lp, pochissimi CD.
Un disco costava dalle 5.000 alle 13.000 lire a inizio decennio, forse 20.000 lire alla fine.
Un altra ventina li recuperavo su cassetta da amici.
Non tutte erano novità, c’era un intero “catalogo” da scoprire.tecnologia
Tre le fonti nel mio approfondito processo decisionale che mi portava a rompere il salvadanaio c’erano Ciao 2001, Mucchio Selvaggio, Rockerilla, Velvet. non acquistate tutte regolarmente (tranne all’inizio ciao 2001 ), ma sulla base di quello che appariva in copertina.
L’ascolto del disco arrivato in casa, incellofanato e tutto, durava un mese e più.
Ogni giorno ci dedicavo uno, due, tre ascolti, a volte sdraiato a letto, spesso studiando.
Imparavo quasi tutto a memoria: le note di copertina, i titoli dei brani, i testi.
I miei sensi scannerizzavano ogni cosa e la inserivano in qualche cassetto del cervello.
Informazioni che ritrovo tuttora. tecnologia
Non avevo l’auto fino al 1985 e comunque non ho avuto un autoradio fino al 1990.
Verso la fine del decennio presi un walkman e l’effetto di ascoltare musica mentre camminavo per la città o sedevo sui mezzi pubblici fu realmente qualcosa di dirompente.
La delusione se l’acquisto non mi convinceva era forte e prima di arrendermi ci provavo e riprovavo, quasi forzandomi ad apprezzarne gli aspetti positivi.
Negli anni 90 gli acquisti erano aumentati ma non di molto. Diciamo che due o tre cd al mese entravano in casa.
In buona parte novità.
Di LP ne prendevo sempre meno.
Un cd/novità costava tra le 25.000 e le 30.000 lire, un sacco di soldi comunque, considerato che seppur non più studente le entrate non erano molte.
Ancora le cassette riempivano i miei scaffali e sempre più venivano impiegate per compilation costruite per l’ascolto in macchina o alle feste, o per essere regalate.
La fonte principale di informazioni era diventata Rumore nuova rivista nata nel 92 che divenne la mia sola “bibbia” costantemente acquistata per il decennio.
All’inizio i Cd li ascoltavo solo in casa dove c’era l’unico lettore. Le cassette erano il solo supporto per l’ascolto extradomestico, non ho mai posseduto un discman.
A fine decennio, in concomitanza con un aumento delle entrate e il calo del prezzo dei cd di catalogo che uscivano in edizioni economiche, preso da un raptus iniziai il lungo processo di smaltimento delle C60/90.
Ora me ne restano una quindicina con dentro cose non replicabili.
Non era cambiato sostanzialmente l’approccio all’ascolto, stavo meno in casa (lavoravo) e quindi il tempo si era ridotto ma la mole di acquisti rendeva comunque possibile sviscerare ogni nuovo album.
Ancora mi leggevo con cura il contenuto dei libretti di accompagnamento al cd nonostante i caratteri minuscoli.
Ricordavo quasi tutti i titoli dei brani, magari non proprio tutti i credits.
Negli anni Zero mi potevo permettere di mettere più musica in casa.
Ormai vi entravano soltanto Cd ed era possibile da tempo ascoltarli anche in auto, per cui settimanalmente facevo scorta e riempivo gli anfratti della macchina con i pezzi cui avrei dedicato la mia attenzione in settimana (no, non ho mai avuto quegli impianti multidisc)
Probabilmente prendevo cinquanta/sessanta album all’anno.
Dopo la seconda metà del decennio vennero commercializzati i primi masterizzatori di Cd che permettevano di fare quanto prima si faceva con le cassette, senza perdere un oncia di qualità sonora. Un nuovo mondo.

Ma nel 1999, l’ultimo anno del secolo, arrivò la rivoluzione
Si iniziò a parlare di musica liquida.
Comparve Napster e la possibilità di ottenere la musica non pagando.
Lo facevamo anche prima ovviamente, registrandoci e scambiandoci cassette nonostante gli ammonimenti dell’industria nelle buste interne dei dischi (Home taping is killing music), ma questa era davvero una cosa mai vista. tecnologia
La platea di soggetti coinvolti si ampliava giorno dopo giorno e cosi la mole di dischi ottenibili gratuitamente recuperandoli dall’archivio di un australiano o di un cileno.
La questione da risolvere di fronte a questa specie di manna dal cielo era lo spazio disponibile su PC in un momento in cui il cloud non esisteva.
E allora via, si imbottivano di roba dischi fissi.
Io ero ancora troppo vecchio stile e mi duplicavo tutto su cd, recuperando possibilmente anche le copertine da fotocopiare in modo da avere un duplicato in bianco e nero dell’originale.
Era parecchia roba da ascoltare e il tempo disponibile iniziava a scarseggiare.
Molti hanno ancora da qualche parte dischi fissi di musica mai ascoltata, riempiti di intere discografie scaricate cosi…”perchè è gratis e prima o poi troverò il tempo”.
Verso fine decennio arrivò il Cloud e per molti sarà un problema in meno, all’improvviso tutto quello che facevano fatica ad ascoltare potevano depositarlo sulla nuvola mantenendo l’idea di possederlo, pur se magari non l’avrebbero ascoltato mai.
Cercavo di trovare il tempo per ascoltare ogni cosa che mi arrivasse almeno una decina di volte, ma non sempre riuscivo a mantenere questi standard, mi concentravo quindi, in linea di massima, su quello per cui avevo speso del denaro.
Tendevo a ricordare ancora i titoli dei brani dei dischi che acquistavo ma avevo ormai mollato con l’approfondimento dei credits, qualcosa dovevo per forza lasciare per strada.
A fine decennio, dopo il successo di You tube e dello streaming, arrivo’ Spotify e nulla fu più come prima.
Anni dieci. La musica puoi evitare di possederla se vuoi.
Paghi un servizio come l’elettricità o il telefono e puoi accedere quando e come vuoi a tutti i dischi che vuoi.
Puoi anche non pagare il servizio direttamente, saranno le tue orecchie, violate dalla pubblicità a pagarne il prezzo nascosto.
Ogni venerdì sono disponibili sulla piattaforma 200/300 titoli nuovi.
Le nuove uscite, i cofanetti de luxe, le riedizioni rimasterizzate.
Il paese di bengodi.
Ci sono decine di webzine che cercano di orientarti all’ascolto, alcune fatte benissimo. Tutte gratuite come la musica.
Ma ora puoi ascoltare tutto senza rischi e ti servono giusto per una rapida letta dei titoli usciti e del genere in cui rientrano.
Ma il tempo è poco, sempre meno.
Anche se tutto quello libero che hai lo trascorri con la musica accesa come hai sempre fatto.
Tu ci provi.
C’è cosi tanto da ascoltare, ti fai le liste, ti organizzi le playlist, ti metti i dischi in coda, vuoi dare un ascolto ogni settimana a una buona parte dei dischi nuovi.
Ma dovresti rinunciare a dormire per recuperare quelle 7 ore al giorno necessarie all’approfondimento.
E allora ad ogni disco dedichi un ascolto, due, poi lo cestini o lo tieni, magari lo ascolterai altre tre o quattro volte.
Poi tanto lo tieni li in memoria su Spotify: “E’ li’ lo recupero quando voglio”.
Solo che è la tua memoria che non tiene più tutta questa roba.
Una piccola parte di queste nuove uscite te le compri, vuoi dare loro una chance in più, vuoi possederle fisicamente come ai vecchi tempi.
Ti sembra che i dischi che a fine anno hai scelto come il meglio dell’annata siano destinati a durare dentro di te.
Ma succede sempre più raramente.
Tre anni dopo quasi non te li ricordi, devi andare a vedere sulla colonna di sinistra di Spotify quali erano, provare a riascoltarli (togliendo tempo ad altro) per vedere se hanno superato il test del tempo.
Non ti ricordi i titoli, in molti casi non sai chi ci ha suonato, nemmeno ti interessa di ricordare i nomi dei musicisti.
E’ sufficiente sapere il titolo del disco e il nome dell’artista.
I testi, forse in qualche caso sei andato a leggerli, ma impararli a memoria ? …..no non succede davvero quasi più (mentre appena parte “The figurehead” o “Begin the Begin” o “Karma Police” le parole ti arrivano alle labbra). tecnologia
E tutto resta in superficie, non si crea più quell’esperienza totale di approfondimento che restava tatuata per sempre.
Avevo molto tempo e poco denaro per la musica 40 anni fa
Ho poco tempo e non mi serve più denaro per la musica oggi.

Il prezzo che pagavamo allora dava valore a quello che ci portavamo a casa e ne sanciva il tempo che ci avremmo dedicato.
Il prezzo che non paghiamo adesso ci lascia in balia di un universo di scelte possibili mai compiute definitivamente e con un senso di perenne frustrazione per la mancanza di tempo e per la conseguente superficialità dell’esperienza di ascolto.

Il processo che ha portato a questo non e’ facilmente reversibile, perché è un processo fortemente connesso con lo sviluppo dei media che, dall’ingresso nel nostro mondo degli Smartphone, ci accompagnano in ogni singolo momento della giornata. E rinunciare a quella smania di essere sempre sul pezzo in ogni momento anche in termini di ascolto delle ultime novità in tempo reale implica uno sforzo di rinuncia ad abitudini che ci hanno messo pochissimo ad insediarsi nella nostra quotidianità.

Tuttavia, per quanto riguarda il sottoscritto, e’ giunto il momento di fare delle scelte, di operare delle rinunce e di porsi dei limiti per recuperare la radicalità e la visceralità del rapporto con la musica che e’ stato sempre così centrale nella mia vita.
Perche’ il tempo e’ poco, sempre meno e spesso alla fine della giornata non sappiamo realmente dove lo abbiamo smarrito.

Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".