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Crepe perfette

La vita umana è un istante imperfetto.
(Franz Kafka)

Un soggetto che sia bello in se stesso non offre nessuna suggestione all’artista. Manca di imperfezione
(Oscar Wilde)

“The sweetest infection
Of body and mind
Sweetest injection
Of any kind”
(Depeche Mode, “The Sweetest perfection”)

Le situazioni semplici sono perfette. Le persone semplici sono le migliori. Concordate anche voi su questo? Ecco, allora è meglio che questa mattina leggiate altro, o che vi ascoltiate direttamente il brano alla fine di questa breve e (im)perdibile dissertazione pseudofilosofica sull’argomento. Perché su questo sarò sempre d’accordo con Leonard Cohen, che in “Anthem” cantava a giusto titolo (e con profondità sopraffina, come solo lui e pochi altri poeti sanno fare) ‘There is a crack in everything, That’s how the light gets in.’ C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce. E ci sono persone “crepate”, che a guardarle paiono – e forse anche lo sono – inadatte a vivere su questo mondo di insegne luminose, che si ha quasi paura di toccarle per il timore di vederli dissolvere in mille pezzettini nell’aria intorno a te; ma che invece riescono davvero a risplendere, e a far risplendere qualcosa in te, proprio con ciò che filtra, che si affaccia e che percola da quelle fenditure che si trascinano dietro.
Alcuni sono addirittura così talentuosi, da riuscire a mettere quella luce in poesie, libri, opere d’arte o canzoni. Come ad esempio Daniel Johnston, che purtroppo non potremo più veder suonare sul palcoscenico di questo mondo, ma la cui luce risuonerà ancora e ancora nelle nostre orecchie, vibrando tra le nostre cellule cardiache. La sua esistenza terrena è stata di quelle che chiunque definirebbe “assolutamente imperfetta”, uno di quei ‘diversi’ che – quando ti capita di incontrarli per strada – cerchi di scivolargli addosso col tuo sguardo; ma che invece non puoi fare a meno di continuare ad osservare, magari in tralice nella speranza che nessuno se ne accorga, perché sai che in fondo una buona parte di te è come lui. In quei ‘difetti’, che noi ci ostiniamo a chiamare debolezze – ma a cui ormai io penso sempre in quanto bellezze – c’è la realtà piena della vita.
Non sono la semplicità, la facilità, la agevolezza, la realizzabilità delle cose a creare bellezza: quella sono coperte appena tiepide che possono esserti utile a passare una vita dal divano al letto e viceversa, nella convinzione che in quello risieda realtà e felicità. C’è a chi sta bene così, e buon per loro. Ma sono quelle le cose che cadono nell’oblio. Laddove la memoria e la memorabilità – invece – sono nelle asperità.
Per aspera sic itur ad astra. Sic et simpliciter.

Stefano Carsen

"Sentimentalmente legato al rock, nasco musicalmente e morirò solo dopo parecchi "encore". Dal prog rock all'alternative via grunge, ogni sfumatura è la mia".