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Hans Zimmer Live – PalaAlpitour, Torino 01/05/2023

Un musicista come Hans Zimmer è in grado di attrarre un pubblico molto eterogeneo e sono migliaia gli appassionati di colonne sonore, di musica classica e sinfonica, prog e metal che affollano i suoi concerti.
Il suo è ormai un trademark, una motore perfettamente oliato che gli permette di far  registrare il tutto esaurito a ogni tappa di una sua tournée.
E’ successo anche lunedì sera al PalaAlpitour di Torino, stipato in ogni ordine di posti nonostante i prezzi dei biglietti non fossero propriamente popolari, giustificati in ogni caso dai costi di una produzione di livello altissimo, curata maniacalmente in ogni suo aspetto.
Quello che seguirà è uno degli più fragorosi e potenti a cui si possa assistere.
L’apertura è affascinante: luci dorate inondano Loire Cotler e un percussionista, e la resa del brano “House Atreides” dalla colonna sonora di Dune vincitrice dell’Oscar è pulita ed essenziale, fino a quando si alza il sipario e il brano prosegue con tutti i musicisti schierati nel suo crescendo dai sapori scozzesi.
Un palco enorme ma ordinato, un numero di musicisti e strumentisti e ballerini impossibile da contare, un light-show impeccabile e suggestivo, e un suono tra i più densi, potenti e calibrati mai sentiti.


Le percussioni su Mombasa (da Inception) sono veloci e vibranti, gli innesti sinfonici riprodotti in ogni dettaglio e anche le chitarre di Guthrie Govan, Nile Marr (figlio di Johnny degli Smiths!) e dello stesso Zimmer hanno modo di farsi sentire.
Si prosegue con la presentazione della splendida violoncellista Tina Guo che assieme alle violiniste Rusanda Panfili e Leah Zeger farà spalancare gli occhi di tutti.


L’universo DC Comics è omaggiato con i medley di “Wonder Woman” e “Man of Steel” in tutta la loro grandeur hollywoodiana.
Poi arriva sul palco Lisa Gerrard dei Dead Can Dance ospite naturalmente per i brani scelti dalle sequenze de Il Gladiatore. Il magnetismo della la sua voce è rimasto intatto e fa letteralmente vibrare l’aria.
La prima parte dello show si chiude con tre suite dedicate ai Pirati dei Caraibi ed è come trovarsi sbattuti dai flutti di un mare caraibico in tempesta. Ad Hans Zimmer non difetta certo la voglia di stupire con imponenti masse orchestrali e il gusto per i suoni epici e roboanti che trovano in questa sezione forse la loro massima espressione .



Alla ripresa dello spettacolo c’è un problema tecnico che non non permetterà più l’utilizzo dello schermo. Hans Zimmer ci scherza su, contando sulla fantasia degli spettatori italiani.
Viene ripresa da capo “Top Gun: Maverick” che si fa notare per un estenuante assolo di chitarra, lungo e fortemente sopra le righe ma sicuramente apprezzato dagli appassionati del genere.


Seguono “Dark Phoenix”, il medley tratto da “The Last Samurai” e “Paul’s Dream” nuovamente da Dune e con ma è “The Dark Night” a stupire per potenza ed effetti. Forse il brano più trascinante della serata, pestato come dio comanda, cupo, duro e tirato come dev’essere. I bassi mandano in risonanza l’intera struttura del PalaAlpitour e lo stomaco dei presenti.
La suite di “Interstellar”, con le sue sezioni eteree e misteriose è forse il momento più lirico della serata, il meno roboante e wagneriano, finemente giocato sui sentimenti di un’umanità perduta nel suo viaggiare nel tempo e nello spazio.
Al Re Leone, il suo primo premio Oscar e una delle colonne sonore più vendute di tutti i tempi l’onore di chiudere il secondo set.
Forse pesano un po’ gli anni passati e il risultato è una rappresentazione di un’Africa un po’ troppo didascalica e da cartolina, anche se bisogna ricordarsi che era il commento musicale destinato a un film di animazione della Disney adatto alle famiglie.


Gli encore si aprono con la suite di “No Time To Die”, l’omaggio alle immortali musiche di John Barry e al mondo di James Bond è eseguito alla perfezione.
Hans Zimmer è l’autore preferito di Christopher Nolan, regista da sempre ossessionato dal trascorrere del tempo. Naturale che spetti alla “Time” tratta da Inception chiudere la serata.
Il brano è chiaramente ispirato dallo stile di Erik Satie, poche note di pianoforte, lente e circolari sulle quali  si aggiungono progressivamente archi e fiati che poi scompaiono per lasciare nuovamente spazio al pianoforte che si spegne in un silenzio intimo e rassicurante.
Artisticamente il momento più alto della serata.









Roberto Remondino

"Wishin' and hopin' and thinkin' and prayin' Plannin' and dreamin' each night of her charms That won't get you into her arms So if you're lookin' to find love you can share All you gotta do is hold her and kiss her and love her And show her that you care".