“Celebrating 25 years tour“: Gli Skunk Anansie al Flowers Festival
Quando Lei, Skin, sale sul palco è sempre un’emozione speciale per tutti. Per i fans in primis, per gli addetti ai lavori e per chiunque. Impossibile non essere attirati dal magnetismo di questo meraviglioso essere, da quasi trent’anni vera icona femminile nella musica rock alternative a capo degli Skunk Anansie, band britannica di grande successo, veri alfieri del rock duro e di protesta con al centro sempre temi politici e sociali.
Il vero ospite internazionale del Flowers Festival non delude, in una serata calda e dopo i disastri di ieri, finalmente tranquilla. Quasi due ore di pura energia, con quel misto di rock, punk, funk e blues creato dalla sapiente alchimia di un gruppo in cui tutti portano un pezzo della loro anima. C’è Ace alla chitarra, particolarmente ispirato, una vera leggenda del basso come Cass Lewis e Mark Richardson, da sempre il martello della band.
L’apertura è (orange) shocking, perché Skin non delude mai in quanto ad eccentricità. Una giacca arancione acceso ed un copricapo che sembra uscito dal film “Maleficient” e subito sotto con la storia della band, dai loro primi lavori (Paranoid and Sunburnt, Stoosh e Post Orgasmic Chill) metà anni 90, “Yes It’s Fucking Political”, “And Here I Stand”, “I Can Dream”, “Weak as i am” e poi la gettonatissima “Because of You“. Senza mai mollare il tiro un attimo e sotto una potentissima sezione ritmica Cass-Mark arrivano gli ultimi successi della band, da album come Wonderlustre, Black Traffic è l’ultimo, Anarchytecture. Si salta sull’energia di “My Ugly Boy”, splendida performance canora di Skin, di “Can’t Take You Anywhere” e di una superhit come “I Believed in You”. Passa poco tempo, il concerto è in stile punk, davvero su ritmi serratissimi e improvvisamente tutto si ferma su “Hedonism”, il pezzo che più di tutti li ha celebrati e consegnati alla storia della musica, per fama e numeri.
“This Means War”, recente brano intenso e potente uscito nel 2020, in cui Skin non può non rivolgere il suo pensiero all’Ucraina e a tutte le guerre che ammorbano il nostro pianeta; un altro superclassico come “Charlie Big Potato” e “Tear the Place”, ci portano a fine concerto.
Grande è stata l’interazione con il pubblico, con una Skin mai doma, sia a livello vocale che fisico, con il suo pubblico, invitato a saltare e partecipare, senza far mancare le sue passeggiate in mezzo ai suoi fans con cui canta e balla come una trottola impazzita. Bella anche l’intesa con la vocalist e strumentista connazionale Erika Footman, che ha cantato e ballato con Skin amplificando a dismisura l’energia del concerto.
Il finale è da lacrimoni per un amante dell’hard rock classico con “Highway to Hell”, leggenda degli AC/DC per poi chiudere sulle note di “Best of you” e nel ricordo di Taylor Hawkins, da poco scomparso.
Non possiamo che andare via con quel misto di gioia e nostalgia, sull’onda della forza trasmessaci da questi ultracinquantenni che grazie a qualche elisir di lunga giovinezza non sembrano invecchiati di un giorno.