Mara Redeghieri: passato, presente e futura umanità
“Cos’è l’eternità, se gli anni ‘80 era tanto tempo fa”.
Sono passati diciotto anni da quando Mara disse basta agli Üstmamò, perché “mi sembra davvero di avere detto tutto, bene, a modo, non voglio ripetermi in brutta copia”. Ci voleva carattere per scendere da una macchina così ben avviata e andare incontro alla vita e ai suoi tranelli. Anni di quasi silenzio: la vita in Appennino, un coro di voci femminili per canzoni più o meno da osteria (Falistre e Fulminant), l’insegnamento, il cancro che torna a bussare e viene ributtato indietro. Poi due lampi Dio Valzer nel 2010 e Attanadara nel 2015 (e lo spettacolo Il Galeone), viaggi in uno sterminato canzoniere politico e sociale in compagnia di Nicola Bonacini e Lorenzo Valdesalici (figlio dello psichiatra Benedetto che tanta parte ebbe anche nella nascita dei CCCP-Fedeli alla linea).
“Siamo la ciurma anemica d’una galera infame
Su cui ratta la morte miete per lenta fame
Mai orizzonti limpidi schiude la nostra aurora
E sulla tolda squallida urla la scolta ognora”
Un percorso fuori dalle case discografiche e dalle loro imposizioni, quasi che Mara degli Ust avesse bisogno di tempo per ridiventare Mara Redeghieri e impossessarsi pienamente di sé. C’era molto ancora da dire ma la strada doveva essere un’altra, quindi NO agli ex compagni di viaggio che provano a tornare insieme (nel 2014) e SI a un programma di canzoni scritte in un periodo di tempo lunghissimo. Nel maggio di quattro anni fa esce finalmente Recidiva, il primo vero album solista.
“Trema UomoNero
Il fato crudele
Porta via lontano
In un posto strano
Le sue genti come le fiere
Vogliono urlano
Comprano sbranano”
Probabilmente Mara sente tornare la voglia di giocare e sperimentarsi, il disco piace e nel 2019 ricompare in versione Recidiva+ con la complicità di alcuni degli amici di una vita (Gianna Nannini con cui aveva firmato Meravigliosa Creatura, Luca Carboni, Joe dei La Crus) ma anche ascendenze e discendenze femminili in qualche caso inaspettate, da Orietta Berti ad Antonella Ruggiero fino a Rachele Bastreghi e Beatrice Antolini (che firma uno dei godibilissimi remix).
“Se ti vuoi salvare devi lavorare
Nella grande fabbrica c’è posto speciale
Lavorare in nero per diciotto ore
Vieni a costruire il nostro mondo migliore”
La brutta parentesi della pandemia complica lo scenario per le esibizioni live, finché finalmente, lo scorso 19 giugno, proprio da Torino, Mara Redeghieri ha potuto riprendere le fila e iniziare un vero e proprio tour. Al centro le canzoni anarchiche e comuniste e qualche brano dal repertorio solista.
Futura Umanità, questo il nome dello spettacolo che (come dice la cartella stampa) “propone in trio elettroacustico canti e poesia dei popoli oppressi”. Nessuna concessione al repertorio degli Üstmamò, si sussurra di uno show prossimo venturo in chiave pop, ma tanta voglia di cantare (accompagnata dagli ormai fidi Nicola e Lorenzo) e soprattutto di raccontare. Raccontare una storia di vittorie (poche ma determinanti) e sconfitte (tante ma a testa alta) che sono contemporaneamente epica collettiva e ricordi personali. “Mio babbo è stato Comunista proprio dentro e io gliele dedico tutte queste canzoni perché ci ha creduto davvero. Io sono così anche per merito suo”.
“Farsi strada con i denti per mangiare, mal che vada
E mangiare a due palmenti per farsi strada
Quel che resta dietro a noi non importa che si perda
Ci si accorge, prima o poi, ch’è solo merda”
Debutta nel bellissimo parco della settecentesca villa La Tesoriera che sarebbe un ottimo sfondo per una rassegna ben assortita come l’edizione 2021 dell’Evergreen Fest. Per ragioni imperscrutabili, forse disposizioni della soprintendenza, il palco è invece posizionato alle spalle dell’edificio e (e questo ha gravi conseguenze sull’acustica e la piena fruibilità da parte di chi assiste) nella stessa area della sagra gastronomica. Probabile non ci fossero alternative, rimane però un peccato per un festival di buon livello e per di più a ingresso gratuito.
“Cupamente conta e poi riconta
Non si stanca mai di speculare
Costruisce case sulla sabbia
E autostrade che finiscono nel mare”
Mara incanta, ipnotizza, ammalia, quello con il pubblico è un cerchio magico in cui passano parole recitate e parole cantate. Canzoni sue (come Augh, Cupamente o UomoNero) e pezzi che sono storia e che il trio si cuce addosso in maniera magistrale. C’è la Bella Ciao delle Mondine, Fischia il Vento che è stato il vero inno della Resistenza, la rielaborazione partigiana de Il Bersagliere, Partono gli Emigranti di un altro genio assolutamente inclassificabile come Alfredo Bandelli e quel bignamino del marxismo che è Il Tarlo di Fausto Amodei. Senza scordare la ribellione del nostro grande padre Ivan Della Mea e di quella El me Gatt composta in milanese e qui riproposta nella lingua dell’Appennino Reggiano.
“Cosa devo dirvi, o brava gente
Della Ninetta non mi frega niente
È la giustizia che mi fa torto
Ninetta è viva ma il gatto è morto”
In mezzo letture di Josè Craveirinha, Wisława Szymborska, Roberta Dapunt, Erri De Luca e Karl Marx. “Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario?”. La domanda marxiana offrirebbe la sponda a risposte economiche, etiche, sociali, comunque non semplici. Come è questo spettacolo, da ritrovare presto dentro un teatro per ripensarlo e masticarlo bene. Ne vale la pena. Come è valsa la pena esserci in questa calda sera d’estate, con tanti volti conosciuti e l’arena circondata da persone accampate sul prato a godersi Futura Umanità ma anche la performance multietnica con spruzzatine di jazz che ricordano un po’ i Weather Report de L’Orchestra di Porta Palazzo che è seguita.
“Ora che è arrivato il tempo che guarisce da ogni male
Attraversa ogni dolore, linfa limpida
Ora che c’è un tempo giusto per poter ricominciare
Portami ogni bene in cuore, linfa limpida”
C’è poi un after show di abbracci (vaccinatissimi), parole, ricordi. Hiroshima Mon Amour, via Belfiore 24, venerdì 17 gennaio 1992: “dalle ceneri dei CCCP e dalle nebbie dell’appennino tosco emiliano una delle novità del rock italiano. Ingresso gratuito”. Palastampa di Torino, giovedì 4 aprile 1996, il tour che li portò sul palco con David Bowie. Di nuovo l’Hiroshima, quello di via Bossoli, nel 2001…il rito delle foto, quello degli autografi e Filikudi duettata con Mara…quasi un viaggio nel tempo, verso il futuro però.
“Padre nostro che sei dei nostri, liberaci dal peccato. Pagaci un avvocato”