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Totò: Signori Si Nasce!

Oggi parliamo di una icona assoluta del panorama artistico Italiano, che nella sua lunga carriera si è cimentato in svariati campi quali cinema, musica, poesia, teatro, televisione e via cosi’. Parliamo ovviamente di Totò, che tutti conoscono anche come Il Principe Della Risata.
Il vero nome di Totò appartiene alla triste storia delle sue origini: nacque (il 15 Febbraio 1898 a Napoli) da una relazione tra Giuseppe De Curtis e Anna Clemente, e non venne riconosciuto dal padre per tenere segreta la relazione stessa, quindi il suo nome completo alla nascita fu Antonio Vincenzo Stefano Clemente, dal cognome della madre. 35 anni più tardi venne adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri, e dopo l’acquisizione di un tanto anelato titolo nobiliare, assunse il nome (chilometrico) Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis principe di Bisanzio.
Totò ebbe una infanzia difficile, in condizioni estremamente disagiate nel popolare Quartiere Sanità di Napoli, ma fin da giovanissimo dimostrò una notevole propensione per la recitazione, intrattenendo i suoi compagni di scuola con piccole recite improvvisate e battute. Fu proprio nel periodo della scuola media che un colpo accidentale gli deformò la mandibola, dandogli quello strano look che dovette poi caratterizzare le sue future macchiette.
La scarsa propensione per lo studio lo portò a rinunciare al completamento del Ginnasio, ed anche il tentativo della madre di indirizzarlo verso una carriera ecclesiastica non trovò alcun appiglio. Fu invece la irresistibile attrazione verso la recitazione che guidò i primi passi del giovanissimo Antonio nel mondo del teatro; nel 1913 si esibiva regolarmente nei teatrini periferici di Napoli in macchiette e ruoli di supporto, con lo pseudonimo di Clerment. Fu proprio in quel periodo che Totò, ispirandosi al famoso attore teatrale Napoletano Gustavo Demarco, iniziò ad interpretare la più famosa delle sue gag: la marionetta. Ma soprattutto, in quel periodo ebbe l’opportunità di incontrare personaggi destinati ad entrare nel firmamento dello spettacolo, quali Eduardo e Peppino De Filippo.


Dopo una breve parentesi militare in fanteria prima a Pisa, e poi a Cuneo (episodio questo che diventò poi una famosa gag usata da Totò in diverse occasioni), e un malore (sembra simulato) che gli evitò la partenza per il fronte francese nel 1914, Totò venne scritturato dall’impresario teatrale Eduardo D’Acernio, per recitare gag comiche e parodie di canzoni napoletane in teatri di periferia.
Negli anni successivi arrivò il riconoscimento paterno, e la riunione con la famiglia a Roma. Arrivò anche una scrittura in una compagnia teatrale di second’ordine, che però durò poco, ma contribuì a fornire a Totò l’orientamento definitivo della sua carriera artistica verso il varietà.
Nel 1923 arriva la svolta: Totò viene scritturato dall’impresario Giuseppe Jovinelli, nell’omonimo teatro dove hanno recitato personaggi di alto profilo quali Petrolini, Pasquariello e Alfredo Bambi; qui interpreta tutte le macchiette perfezionate durante le esperienze teatrali passate: la marionetta, il bel Don Ciccillo, Vipera e molti altri. Il successo arriva immediatamente, e una rappresentazione del suo repertorio al famoso Teatro Umberto I ottiene una ottima risposta di pubblico; da qui in poi la popolarità di Totò varca i confini di Napoli, con richieste da teatri di tutta Italia, tra cui il San Martino di Milano e il Maffei di Torino. Con il successo arrivano finalmente anche entrate monetarie stabili, e la definitiva uscita dalla povertà che aveva segnato la vita’ di Totò fino a quel momento.
Dal 1927 in avanti arrivano diverse scritture, dapprima da Achille Maresca, e in seguito dal barone Vincenzo Scala. In questo periodo lo storico incontro con Mario Castellani, che negli anni a seguire divenne la spalla delle sue gag più popolari (basti pensare all’incontro in treno con l’Onorevole Trombetta). Il barone Scala lo scritturo’ per una serie di spettacoli al Teatro Nuovo di Napoli, qui Totò entrò per la prima volta in contatto con il capolavoro di Eduardo ScarpettaMiseria e Nobiltà” (interpretato al fianco di Titina De Filippo), che molti anni dopo vide una trasposizione cinematografica che rimane uno dei capolavori del cinema Italiano.
Dopo una triste parentesi sentimentale, che terminò con il suicidio della moglie Liliana Castagnola, nel 1932 Totò fondò una compagnia teatrale comica, con la quale portò le sue macchiette in tutta Italia. Gli spettacoli annoveravano attori mediocri e tracce approssimative, ma la bravura di Totò a improvvisare ne decretò il successo, e innalzò ulteriormente la sua fama nazionale.
Dopo l’adozione da parte del nobile Gagliardi Focas, e l’acquisizione del tanto ambito titolo di Principe, nel 1937 Totò ebbe la prima esperienza nel campo cinematografico: con il regista Gero Zambuto gira “Fermo con le mani”, che però non ottiene alcun successo. Stessa sorte per la seconda apparizione cinematografica due anni dopo, con “Animali Pazzi” di Carlo Bragaglia.
Negli anni successivi seguì una tournee nelle colonie Africane con la sua compagnia, e nel 1940  il terzo film, che ottenne una moderata risposta dal pubblico: “San Giovanni Decollato” per la regia di Amleto Palermi (e la sceneggiatura, tra gli altri, di Cesare Zavattini); del film si ricorda una apparizione della figlia di Totò, Liliana, e una battaglia con lancio di piatti che coinvolse anche il personale della produzione.  Nello stesso anno un incidente gli causò un trauma che provocò la perdita della vista dall’occhio sinistro, e che Totò rivelò soltanto all’amico di sempre Mario Castellani.
Il quarto film è del 1940: “L’allegro fantasma” ancora per la regia di Amleto Palermi, in cui Totò interpreta tre parti diverse. Anche in questo caso le flessibili doti recitative e di improvvisazione del Principe della risata emergono e sopperiscono ad una trama debole e prevedibile; tuttavia ancora una volta il film passò quasi inosservato.
A seguito dell’ennesima delusione cinematografica, Totò si dedicò nuovamente al teatro leggero, cavalcando la nuova onda chiamata Varieté’, proveniente dalla Francia, e che stava sostituendo il morente Avanspettacolo. Oltre all’inseparabile amico Castellani, per il ruolo di prima donna Totò scelse una giovane attrice emergente, destinata ad entrare nel firmamento cinematografico Italiano e mondiale: Anna Magnani.
Il ritorno al cinema è del 1944, con “Due cuori tra le belve” per la regia di Giorgio Simonelli, e che tra gli attori vedeva anche il pugile Primo Carnera nella parte di un improbabile capo di una tribù di cannibali.
Le frustrazioni e innumerevoli censure ai suoi lavori teatrali subite durante il ventennio del regime fascista, dopo la liberazione sfociarono in dissacranti parodie di Mussolini e Hitler inserite nelle rinnovate tournee teatrali portate in giro per l’Italia. Nel 1945 il sodalizio con Anna Magnani finì, con l’inizio della relazione tra l’attrice e Roberto Rossellini, e l’interpretazione del film “Roma Città Aperta”. Risale proprio a quell’anno l’unica fatica discografica e canora della carriera di Totò, con un 78 giri a due facciate: “Marcello il bello” sul lato A, e “Nel paese dei balocchi” sul lato B; molti anni dopo Totò ammise apertamente di “cantare come un trombone”.
Dopo alcuni film, sempre in tono minore, e altri successi teatrali, la carriera cinematografica di Totò prende una direzione ben definita, quella delle parodie e della comicità incentrata sulla sua individualità, che rappresentò il tema ricorrente di tutte le pellicole a seguire: dal 1947 al 1949 gira tre film, tutti per la regia di Mario Mattoli: “Fifa e Arena”, parodia del famoso “Sangue e arena” di Mamoulian; “Totò al giro d’Italia” con la partecipazione di veri campioni del ciclismo quali Coppi, Bartali, Bobet, Ortelli e molti altri; da notare un cameo di Tazio Nuvolari; e infine “I pompieri di Viggiù“ con Nino Taranto e Wanda Osiris. Inizia con questi tre film un’altra importante collaborazione artistica, quella con Isa Barzizza (figlia del Maestro Pippo Barzizza), che risultò in numerosi lavori teatrali e 11 film. La Barzizza fu la prima interprete femminile della gag dell’Incontro sul vagone letto con l’Onorevole Trombetta, ripresa innumerevoli volte da Totò e Castellani, e interpretata tra le altre da Sandra Milo e Virna Lisi.
La popolarità nel cinema, dopo quella teatrale, originò una crescente domanda della partecipazione di Totò a numerosi film, ma allo stesso tempo causò anche una dicotomia cinema/teatro che all’inizio Totò trovò difficile da gestire, a causa dell’abitudine di recitare le scenette dal vivo e in una sequenza unica, cosa impossibile nel cinema. Solo pochi registi riuscirono a lavorare con Totò in quel periodo, Mattoli certamente uno di essi, e Camillo Mastrocinque, che firmo’ la maggior parte dei film del Principe. Nel 1949 Totò dovette fare una scelta, e con l’ultima rappresentazione del lavoro teatrale “Bada che ti mangio!” a Milano, abbandono il palcoscenico per dedicarsi interamente al cinema.
Nel 1950 la sua rinnovata carriera iniziò con una parte nel film “Napoli Milionaria” dell’amico di sempre Eduardo De Filippo; a seguire rifiuto’ una parte in “Atollo K”, rinunciando così all’opportunità di recitare al fianco di Stan Laurel e Oliver Hardy (al tempo a fine carriera). Nei dodici mesi successivi a “Napoli Milionaria” interpreto’ ben nove film, con molte parodie di famose pellicole di Hollywood; ricordiamo alcuni tra i piu’ famosi: “Totò Le Moko” e “Totò cerca moglie” di Carlo Bragaglia; “L’imperatore di Capri” di Mario Monicelli; “Totò Tarzan” e “Totò sceicco” di Mattoli. La popolarita’ di Totò aveva ormai raggiunto l’apice, e l’inclusione del suo nome nel titolo del film era una garanzia di acquisizione dell’interesse del pubblico.
Tra l’ultimo film di questa serie, “Totò cerca casa” (di Steno) e quello successivo, “Totò terzo uomo” (di Mattoli) nel giro di poche settimane Totò rimase solo: la moglie Diana Rogliani lo lascio’ improvvisamente, e la figlia Liliana sposò contro la sua volontà Gianni Buffardi. Fu durante questo periodo che Totò scrisse la sua canzone più famosa: “Malafemmena”; ancora oggi si dibatte se volle dedicarla alla ex moglie, o all’attrice Silvana Pampanini, dalla quale venne respinto diverse volte.
Nonostante le vicissitudini famigliari, l’astro di Totò continuò ad ascendere anche in quel periodo, con importanti film quali “Guardie e ladri” (di Mario Monicelli e Steno), al fianco di Aldo Fabrizi, l’unico attore (come venne dichiarato da Totò stesso) in grado di adattarsi immediatamente alle sue folli improvvisazioni sul set, ed a si suoi repentini cambiamenti di copione durante la recitazione.
Dell’anno successivo “Totò e i re di Roma” (ancora di Steno e Monicelli) che lo vede recitare al fianco di Alberto Sordi (l’unica volta nell’intera carriera dei due giganti del cinema Italiano). Nel 1952 firma la sua più importante biografia, “Siamo uomini o caporali?” che ripercorre le tappe più importanti della sua vita fino al suicidio della prima moglie Liliana nel 1930. La frase che dà il titolo al libro ha origini lontane: durante il servizio militare Totò subì innumerevoli angherie e umiliazioni da un caporale dell’esercito, e la frase usata centinaia di volte in spettacoli e film costituisce una vendetta personale.
La tormentata vita sentimentale prende una nuova inaspettata direzione, quando nel 1953 annuncia il fidanzamento con Franca Faldini, giovane attrice Italiana che vantava un paio di pellicole girate ad Hollywood, di cui una con Jerry Lewis e Dean Martin. I due restarono insieme, senza sposarsi, fino alla morte del Principe.
Dopo un film ancora con Rossellini, in realtà diretto dal giovane Lucio Fulci, il 1953 segna anche la nascita di una relazione professionale che dovrà regalarci pellicole indimenticabili: quella tra Totò e Peppino De Filippo, con il film “Totò e le donne” di Steno. Il film vede anche la partecipazione dell’onnipresente Mario Castellani, della Faldini, Ave Ninchi, e di Carlo Vanzina (figlio del regista Steno, e autore di numerose commedie all’Italiana) nella parte di un neonato.
Sempre dello stesso anno “Totò a colori”, che e’ uno dei primi lungometraggi Italiani a colori. Al fianco di Totò gli immancabili Isa Barzizza e Mario Castellani (che ripropongono la scena del vagone letto, per la prima volta sul grande schermo), ma anche altri grandi nomi del cinema nostrano: Vittorio Caprioli, Luigi Pavese, Franca Valeri, Carlo Mazzarella. Nel film Totò ripropone tutti i suoi sketch teatrali più famosi (compreso quello di Pinocchio), legati da una trama come al solito labile, ma tenuta insieme dalla sua bravura. Memorabile la scena in cui Totò esprime la sua opinione sull’arte moderna ad un giovane artista Francese, durante una festa nella casa Caprese di Franca Valeri.

Nel 1954 scrisse “Con Te”, un brano musicale dedicato alla compagna, che venne portato al Festival di Sanremo da Natalino Otto e Achille Togliani. Nello stesso anno cominciò anche ad accusare problemi all’occhio destro, problemi che lo portarono ad una quasi totale cecità negli anni successivi.
Negli anni tra il ‘53 e il ‘55 gira diciassette film, tra i quali e’ doveroso ricordarne due: “Miseria e Nobiltà” di Camillo Mastrocinque (che fa parte di una trilogia di film tratti da altrettante commedie di Eduardo Scarpetta, con Il “Medico dei Pazzi” e “Un Turco Napoletano”) e “Totò Peppino e la Malafemmina” (ispirato dalla canzone scritta alcuni anni prima dallo stesso Totò). Questi due film sono oggi considerati le pietre miliari della carriera cinematografica del Principe, e le innumerevoli gag presenti nei film vengono frequentemente citate (la scena in cui Totò detta una lettera a Peppino ispirò una scena simile molti anni dopo, quando Massimo Troisi e Roberto Benigni scrivono una lettera a Savonarola in “Non ci resta che piangere”). Nel secondo film e’ da ricordare l’interpretazione di un giovane Teddy Reno, che canta alcune canzoni della tradizione Napoletana, tra cui ovviamente “Malafemmena”, ma anche “Chella là”.
Ancora con Mastrocinque, nel 1957 dopo gira un’altra importante pellicola: “La banda degli onesti”, sempre con Peppino De Filippo, e tra gli altri un giovane Gabriele Tinti ad inizio carriera. Nello stesso anno il problema all’occhio desto si acutizzò, fino a fargli perdere quasi completamente la vista durante una rappresentazione del suo spettacolo teatrale “A Prescindere”, a Palermo.
Nei due anni successivi l’intensità del lavoro artistico si affievolì a causa della malattia all’occhio, girando soltanto un film: “Totò Vittorio e la Dottoressa”, ancora con Teddy Reno e Vittorio De Sica, in una delle sue apparizioni come attore. Da segnalare che la “dottoressa” del titolo è nientemeno che Abbe Lane, una delle bombe sexy di Hollywood degli anni 50, e che girò anche un altro film con Totò due anni dopo: “Totò, Eva e il pennello proibito”. Nel 1958 Totò accettò di comparire nello spettacolo televisivo “Il Musichiere” come ospite d’onore, invitato da Mario Riva stesso, con il quale aveva lavorato in spettacoli e riviste teatrali anni prima. Dovettero passare altri otto anni prima di rivedere Totò sul piccolo schermo, quando nel 1965 duettò con Mina a “Studio Uno”.
Nel 1958 interpretò alcune pellicole, delle quali la più importante “I Soliti Ignoti” (di Monicelli), considerato uno di capolavori del cinema comico Italiano, al fianco di Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. Nel film la menomazione alla vista è evidente, e tra l’altro Totò dovette ricorrere al doppiaggio di Carlo Croccolo, in quanto non in grado di vedere le scene in sede di registrazione del sonoro, e quindi incapace di seguire i labiali.
Nel 1959 scrive una canzone che invia al Festival di Sanremo, “Piccerella Napuletana”, la canzone non viene però selezionata per le serate finali. Da quell’anno in avanti, sentendo la minaccia di un declino artistico dovuto ai problemi alla vista, Totò inizia ad accettare parti in film con trame labili che usano la sua presenza per attirare il pubblico. Escono quindi film come “Totò contro Maciste”, “Totò Diabolicus” (che segue il filone iniziato da “Diabolik”, e continuato poi con la parodia “Arriva Dorellik”), “Totò e Cleopatra” e molti altri. Dalla massa dei film dozzinali si elevano alcune pellicole: “I due Marescialli” di Sergio Corbucci (che divenne alcuni anni più tardi uno dei maestri del genere Spaghetti Western), e “Totò Truffa ’62” di Mastrocinque.
Durante gli anni Sessanta la presenza di Totò contribuì non solo ad assicurare l’affluenza del pubblico nelle sale, ma anche a consolidare la popolarita’ di cantanti quali Gianni Morandi, Adriano Celentano, Rita Pavone e Fred Buscaglione, inseriti in pellicole in cui appare il Principe, quali ad esempio “Noi Duri” con Buscaglione e la rodata coppia (anche nella vita) Paolo Panelli / Bice Valori. Da ricordare anche due pellicole che rappresentano la risposta di Totò al filone che esplora la vita notturna, principalmente di Parigi, iniziata nel 1960 con “Mondo di Notte” di Luigi Vanzi: “Toto di notte n. 1” e “Totò Sexy”, con Macario, e che rappresentano forse il punto più basso della sua carriera cinematografica.
Dopo questo periodo, Totò provò ad elevare la qualità delle pellicole a cui intendeva partecipare,  lavorando con registi del calibro di Alberto Lattuada (“La Mandragola”) e Pier Paolo Pasolini (“Uccellacci e Uccellini”), e in questo film per la prima volta nella sua lunga carriera, Totò dovette piegarsi al volere del regista, limitando al massimo le improvvisazioni e le uscite dal copione; nonostante ciò l’interpretazione di Totò venne celebrata dalla critica, e gli vennero anche attribuite una menzione special al festival di Cannes e il nastro d’argento.
A seguito di questi due film, e una mancata collaborazione con Fellini, Totò gira “Operazione San Gennaro” con Dino Risi, e torna poi a recitare per Pasolini, in due episodi di altrettanti film. Nel 1958 Nanni Loy lo chiama per interpretare una parte nel suo film “Il padre di famiglia”.
Purtroppo il Principe della risata gira una sola scena del film di Loy; il 15 Aprile 1967 Totò viene a mancare nella sua casa di Roma, le sue ultime parole: “Mi sento male, portatemi a Napoli”. Nanni Loy inserì comunque quell’unica scena nel film a tributo di uno dei più grandi geni artistici Italiani.
Totò ci lascia in eredità 40 commedie teatrali e 97 film, la maggior parte dei quali lo vedono protagonista. Ci lascia anche un centinaio di poesie scritte nel suo amato dialetto Napoletano, la più famosa delle quali, “ ‘A Livella” ci fa riflettere sul significato dei veri valori della vita. Ci lascia infine anche un centinaio di canzoni, interpretate da innumerevoli artisti quali Natalino Otto, Fausto Leali, Franco Simone, Rita Pavone, Wanda Osiris, I Rokes, Mina, Claudio Villa, e sovente anche da lui stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Marco Quaranta

Marco Quaranta è nato a Torino, più di 20 e meno di 80 anni fa. 25 anni fa ha deciso che voleva vedere il mondo, e da allora ha vissuto dieci anni in Asia e quindici in Australia. Al momento vive a Melbourne. Marco é pazzo per la fantascienza, in tutte le sue forme. Gli piacciono anche il cinema, la musica e i giochi di ruolo.