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Duelli, Amori e Spartiti nella Hollywood degli anni d’oro (Pt. 2)

In questa seconda parte parliamo di un’altra icona di Hollywood, che con Erroll Flynn ha costituito per anni una coppia artistica di valore eccezionale: Olivia De Havilland.
Olivia De Havilland nasce a Tokio il 1 Luglio 1916, il padre Walter era un professore di lingua Inglese presso l’Università Imperiale, e la madre Lilian era un’attrice di teatro. Il cugino paterno Sir Geoffrey era il fondatore della De Havilland Aircraft Company. La sorella di Olivia, Joan, nata 15 mesi dopo, guadagnò anche una notevole popolarità ad Hollywood con il nome di Joan Fontaine (il cognome acquisito dalla madre dopo il secondo matrimonio).
Nel 1916 Olivia, Joan e la madre (che si separò dal marito) si trasferirono a San Francisco, dove Olivia ebbe modo di dimostrare le capacità recitative, con la prima parte di un certo rilievo in “Alice in wonderland”, prodotta dalla Saratoga Community Players, seguita da altre. Nel 1934 lascia la casa paterna per continuare a perseguire la carriera recitativa (il patrigno era apertamente contrario a tale orientamento), e nello stesso anno una fortunata coincidenza le assegna il ruolo principale nella rappresentazione di “Midsummer Night’s dream” diretta dal famoso regista Austriaco Max Reinhardt. Nello stesso anno Reinhardt, positivamente colpito dalle qualità recitative di Olivia, la scrittura per la versione cinematografica della stessa commedia Shakespeariana; durante le riprese Olivia dimostra un notevole interesse per le tecniche di ripresa, suoni e luci, campo per lei totalmente nuovo. Il film non ebbe molta risposta di pubblico, ma la critica esaltò positivamente la performance della De Havilland, sottolineandone la fluidità verbale e la facilità di recitazione di fronte alla cinepresa.
A seguire Olivia viene scritturata per due commedie: “Alibi Ike” e “The Irish in us”, entrambe del 1935, la seconda a fianco di James Cagney. Nei due film la sua parte è molto simile: la dolce e affascinante ragazza di cui si innamora il protagonista; questo ruolo la accompagnerà nella maggior parte dei suoi film futuri.
Lo stesso anno vede il passaggio di Olivia alla Warner, e l’inizio del connubio artistico con Michael Curtiz e Erroll Flynn, con “Captain Blood” (nota: per i dettagli dei film che Olivia De Havilland ha girato con Erroll Flynn fate riferimento alla Prima Parte di questo articolo). L’eleganza ed il fascino di Olivia, oltre ai costumi dell’epoca disegnati e realizzati da Milo Anderson, si collocarono perfettamente nell’ambito storico del film e colpirono particolarmente la critica, che fu prodiga di commenti positivi.
Nel 1936 De Havilland interpreta Angela, una ragazza italiana di umili origini che diventa l’amante di Napoleone, nel film “Anthony Adverse”; ancora una volta la performance di Olivia venne celebrata dalla critica. Dello stesso anno “The charge of the light brigade” ancora con Curtiz e Flynn, dove Olivia interpreta la parte di Elsa, la ragazza contesa dai due fratelli (Flynn e Patrick Knowles); questa volta l’attenzione della critica fu tutta per le scene di battaglia, e la seppur ottima performance di De Havilland rimase abbastanza ignorata.
Nell’anno seguente gira due commedie per la regia dello specialista Archie Mayo: la prima “Call it a day” ebbe scarsissimo successo, mentre la seconda “It’s love I am after” (con Bette Davis) ebbe una risposta decisamente più elevata, sia di pubblico che di critica.
Nel 1938 gira, con Curtiz (ma senza Eroll Flynn) “Gold is where you find it”, il primo film a colori della De Havilland, che narra le vicende di alcuni cercatori durante la febbre dell’oro in California a fine 1900. Anche in questo film Olivia dimostra una eleganza e una padronanza della recitazione davvero notevoli. L’anno prima Olivia era stata scritturata per uno dei suoi film più importanti: ancora una volta riunita a Flynn e Curtiz, nel 1938 gira, nella parte di Lady Marian, “The adventures of Robin Hood”, per molti critici la migliore interpretazione della sua lunga carriera. Ancora oggi molti critici mettono il Robin Hood di De Havilland e Flynn al primo posto nella speciale classifica dei film di avventura di Hollywood.
Tuttavia, il grande successo di Robin Hood non contribuì ad elevare le offerte presentate a Olivia nell’anno successivo, con forse la sola eccezione di “Dodge City”, e si trovò quindi ad interpretare ruoli di scarso rilievo e molto stereotipati, in film quali “Four’s a crowd”, “Hard to get” e “Wings of the Navy”. La grande opportunità di tornare prepotentemente alla ribalta venne a metà 1939, quando ottenne il ruolo di Melanie Hamilton in “Gone with the wind” (“Via col vento”) il colossal di Victor Fleming, che non ha certo bisogno di presentazioni. E’ da notare che Olivia, avendo letto il romanzo di Margareth Mitchell, chiese specificatamente al produttore quella parte, ignorando quella della protagonista Scarlett O’Hara, che peraltro aveva già diverse pretendenti (e come tutti sappiamo, venne poi assegnata a Vivien Leigh); Olivia rimase particolarmente impressionata dal forte carattere e dall’eleganza con cui viene descritta Melanie nel romanzo, intuendo che il ruolo era perfetto per le sua capacità; e in effetti così fu, la recitazione di Olivia venne elogiata dalla critica, talvolta oscurando quella della seppur ottima Leigh.
Nonostante il successo riscosso, ancora una volta Olivia venne relegata ad un ruolo di natura secondaria nel film successivo con la Warner “The private lives of Elizabeth and Essex” (di M. Curtiz), dove il suo nome venne posizionato sotto quello di Bette Davis. In risposta, Olivia rifiutò diversi ruoli che le vennero proposti successivamente, fino al punto di venire sospesa dalla Warner, ma reintegrata per girare, ancora al fianco di Curtiz e Flynn “Santa Fe trail”, un western in cui interpreta Kit Carson Halliday; purtroppo De Havilland non fu in grado di partecipare alla premiere in Santa Fe, a causa di un grave attacco di appendicite, che richiese una operazione urgente ed un lungo periodo di convalescenza.
Durante gli anni della seconda guerra mondiale, dopo aver girato “They died with their boots on” (per il quale la sua presenza venne espressamente richiesta da Eroll Flynn), Olivia girò alcune pellicole di tono minore, sebbene al fianco di attori di notevole profilo, quali Henry Fonda, Bette Davis e Robert Cummings. Nel 1943 intentò una causa alla Warner per violazione di termini contrattuali che passò alla storia, in quanto per la prima volta i diritti di un artista venivano tutelati, e messi al di sopra degli interessi delle grandi e potenti case produttrici. Come risultato venne esclusa da ogni proposta di scrittura, e si dedicò quindi a supportare il morale delle truppe Americane impegnate sul fronte del Pacifico, con viaggi nelle Filippine e in Alaska.
Nel 1946 ottenne finalmente un nuovo contratto con la Paramount, per la quale girò “To each his own” per la regia di Mitchell Leisen, film che valse a Olivia il massimo riconoscimento di Hollywood: l’Oscar per migliore attrice protagonista. Il film successivo, dello stesso anno è un thriller intitolato “The dark mirror” per la regia del maestro del genere, Robert Siodmak (che solo un anno prima aveva firmato “The spiral staircase” ancora oggi considerato uno dei capisaldi del cinema Thriller di tutti i tempi); in questo film De Havilland interpreta due sorelle gemelle, e mentre il film stesso ricevette critiche piuttosto negative, Olivia venne invece lodata per la capacità di interpretare magistralmente due personaggi profondamente diversi nella loro psicologia, pur nello stesso film.
Il film seguente sarà uno dei più significativi della sua lunga carriera: intitolato “The Snake Pit” per la regia di Anatole Litvak il film narra la storia di Virginia Cunningham, una donna che a seguito di un grave esaurimento nervoso viene internata in un istituto per la cura delle malattie mentali, e qui subisce le pratiche mediche in uso all’epoca presso questo tipo di istituzioni: idroterapia, elettroshock e ogni sorta di violenza psicologica. Il film divenne una denuncia di tali discutibili metodi adottati in nome della scienza. Per preparare la parte Olivia visitò alcune case di cura per malattie mentali, cambiò il suo aspetto fisico perdendo diversi chili e spese diverso tempo con svariati psichiatri per capire i comportamenti e le sfaccettature delle malattie mentali. Il risultato è una interpretazione magistrale, assolutamente al di fuori dei canoni da “ragazza da conquistare” a cui ci aveva abituato con la maggior parte dei suoi film precedenti. La critica non fu avara di complimenti, e arrivarono anche due importanti riconoscimenti, di cui uno al Festival del Cinema di Venezia, oltre ad una nomination per l’Oscar, che però non si concretizzò nel premio.


Un anno dopo interpreta “The heiress” per la regia di William Wyler, e al fianco di Montgomery Clift (che aveva gia’ recitato tre anni prima con John Wayne in “Red River”). Il film, tratto da un racconto di Henry James, narra la storia di due giovani innamorati contro il volere del padre di lei. Ancora una volta l’intensità dell’interpretazione di Olivia riscuote il plauso della critica, e viene premiata con il suo secondo Oscar.
Nello stesso anno nasce il suo primo figlio, Benjamin, e per non trascurarne la crescita nei primi anni di vita, rifiuta l’offerta di interpretare la protagonista in “A streetcar named desire” (“Un tram chiamato desiderio”) di Elia Kazan, e al fianco dell’emergente Marlon Brando. Come è noto, il ruolo venne poi assegnato a Vivien Leigh.
Dopo una breve parentesi teatrale a Broadway, nel 1953 conosce, al festival di Cannes, Pierre Galante, direttore di un famoso quotidiano Parigino. Dopo una relazione a distanza, dovuta al periodo richiesto all’epoca per ottenere un visto di residenza dal Governo Francese, i due si sposano nel 1955, e Olivia si trasferisce a Parigi. In questi due anni partecipa a tre film, di cui il primo, “That Lady” per la regia di Terence Young; nessuno dei tre film tuttavia riscuote un successo rilevante. Nel 1956 a Parigi nasce Gisele Galante, secondogenita di Olivia.
Nel 1958 Olivia torna ad Hollywood per girare “The proud rebel” ancora una volta con Michael Curtiz, ma questa volta al fianco di Alan Ladd, l’interprete di film noir quali “This gun for hire” e “Blue Dahlia”; il film è ambientato durante e subito dopo la guerra di secessione, e Olivia interpreta una donna dal carattere duro e determinato; per girare una determinata scena imparò anche ad estrarre e sparare con una Colt, il che richiese lunghe sedute di training.
The Proud Rebel” non ricevette un gran consenso dalla critica, cosa che invece avvenne per il film successivo “Light in the piazza” girato al fianco di Rossano Brazzi, all’epoca gia’ affermato anche ad Hollywood, con diverse pellicole di successo alle spalle. Girato a Firenze ed a Roma, il film narra le vicende di una turista americana che visita l’Italia con una figlia disabile (Yvette Mimieux) che si innamora di un giovane Italiano (George Hamilton). L’interpretazione di Olivia viene celebrata dalla critica per la sua capacità di lasciar trasparire il dilemma di una madre incerta su quale sia il futuro migliore per la figlia.
Negli anni successivi torna a coltivare la sua grande passione per il teatro, interpretando diverse rappresentazione di commedie e drammi sia a Broadway che a Los Angeles. Nel 1964 gira i suoi ultimi due film da protagonista sul grande schermo: il primo “Lady in a cage” di Walter Grauman viene demolito dalla critica per la violenza gratuita, mentre il secondo “Hush Hush sweet Charlotte” di genere horror diretto da Robert Aldrich, e girato al fianco dell’amica di sempre Bette Davis ottiene critiche molto favorevoli, specialmente l’interpretazione di Olivia in un ruolo tutt’altro che facile.
Negli anni successivi Olivia si rivolge alla televisione, dove trova spazio in diverse produzioni, quali “Noon Wine” del 1967 e diretto da Sam Peckinpah, “The screaming woman” un film per la TV del 1972, ed una apparizione nella miniserie “Roots the next generation” nei panni della moglie di un ufficiale confederato interpretato da Henry Fonda.
Dopo altre partecipazioni in lavori televisivi, nel 1988 si registra la sua ultima apparizione sullo schermo, con una interpretazione nella serie TV “The woman he loved”. Dopo questo lavoro, Olivia De Havilland annuncia il suo ritiro dalle scene.
Dal 1989 ad oggi, Olivia è apparsa in diversi eventi di beneficenza o di promozione di lavori cinematografici in diversi paesi; nel 2010 ha ricevuto la Legion D’onore dal presidente Francese Nicolas Sarkozy, e nel 2017 e’ stata nominata Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico dalla Regina Elisabetta II.

Oggi, Primo Luglio 2020 Olivia De Havilland compie 104 anni. Spero che questo articolo sia un piccolo tributo alla sua lunga carriera, un ringraziamento per averci regalato interpretazioni sempre di livello eccezionale, e soprattutto Buon Compleanno Olivia!

 

Marco Quaranta

Marco Quaranta è nato a Torino, più di 20 e meno di 80 anni fa. 25 anni fa ha deciso che voleva vedere il mondo, e da allora ha vissuto dieci anni in Asia e quindici in Australia. Al momento vive a Melbourne. Marco é pazzo per la fantascienza, in tutte le sue forme. Gli piacciono anche il cinema, la musica e i giochi di ruolo.