Il ritorno dei tellurici metallici suoni dei sestesi
Ad un mese e mezzo oramai dal post virulento “lock down” mi immergo per le vie della città con uno strano andamento a mo’ di zombie.
Il panorama non è post bellico come in Kenshiro e Conan il ragazzo del futuro, ma, molte serrande abbassate di posti una volta floridi mettono un senso di tristezza, tuttavia la gente all’apparenza sembra più serena ma gli stimoli culturali in presa diretta ancora non riprendono; di cinema, concerti, teatro e quant’altro ancora non si scorge nessuna novità all’orizzonte.
E così, con il naso all’insù vago per il Parco Peccei in quel della mia amata Taurinorum, l’ex area industriale composta da manufatti di cemento e ferro bagnati dai recenti temporali che rilasciano una sensuale ed affascinante fragranza. In lontananza avverto una musica potente e selvaggia, entro in un fabbricato abbandonato e trovo su di uno stereo incustodito la nuova fatica dei sestesi tHE mÜRGEN dal titolo Educational Hazard.
I cinque di Sesto San Giovanni dopo avvicendamenti in formazione, incidenti che potevano minare la loro stessa esistenza sono ancora insieme a noi e più forti di prima pronti con il seguito di Homonymic datato 2015.
Alla stesura di Educational Hazard oltre al nucleo fondante Luca Candellero alle chitarre, Alessandro Marchetti alla voce ed Omar Falcone alle tastiere ed alle funamboliche macchine elettroniche si aggiunge la sezione ritmica composta da Marco Genitoni alla batteria e Damiano Ferrati al basso.
Il nuovo e corroborante lavoro è composto da undici tracce, undici potenti ed efficaci uppercuts sonori che stendono senza perdono già dal primo ascolto.
Il suono di Educational Hazard è tellurico e metallico, atmosfere ed intensi sprazzi di villoso post hardcore con inaspettati inserti melodici.
Nelle composizioni aleggiano i santini di King Buzzo, The Jesus Lizard e Jazz Coleman ed il suo scherzo assassino shakerati con nebbia lombarda e giallo zafferano.
La voce di Marchetti si divincola in sfumature ed elevazioni alla Dennis Rodman, i brani vengono urlati, sussurrati, sputati in una maniera colma di fascino ed un’inedita ed ambigua sensualità; invece, le trame chitarristiche di Candellero colui che al braccio destro subì una grave offesa nel 2016 cesella riff affilati come un rasoio, tecnicismo si ma con un cuore caldo e pulsante, Luca costruisce melodie che si impregnano nella memoria già dal primo ascolto; le parti lente incontrano riff velocissimi facendo finalmente evolvere in modo davvero personale certe trame in stile Deftones e Fear Factory.
La sezione ritmica composta da Genitoni alle pelli, tamburi e pedale fumante e da Ferrati al basso mellifluo, profondo ed insidioso danno ad i brani la profondità necessaria creando un vorticoso bisogno di fare headbanging preparandosi ad un futuro e burrascoso moshpit sudato.
A tenere insieme voce, chitarre e la sezione ritmica tutta ci pensano le tastiere e l’elettronica di Omar Falcone che intensificano il mood glaciale e metallico delle composizioni; i synth e gli effetti mesciati ai tasti ebano ed avorio sapientemente creati dal Falcone, permettono ad i brani di evolvere in una progressione di umori e poliritmi che lasciano senza fiato ed eccitate convulsioni per tutti i 45 minuti di durata dell’album l’ascoltatore, e, con me è successo felicemente così.
Difficile dire quale brano lasci il segno vista l’omogeneità dell’intero lavoro; “Blood” apre le danze ed è già una dichiarazione d’intenti.
Seguono “Chemical Hope”, “Ashes” e “Vouge” e si è dentro il mondo creato dai sestesi.
Il quartetto “In My Mounth”, “Harmacy”, “Where Is Mine” e “Sleep” sono il cuore dell’album pompando a dovere il sangue necessario ad un ipotetico e doveroso stage diving.
Chiudono l’album le ultime tre composizioni a nome “Deep Throat”, “Cannibal Flower”, “Be A Good Boy”; il perfetto finale che arriva anche con sfumature da overture ovviamente alla maniera del quintetto lombardo, con alcuni espedienti melodici inseriti in modo quasi subliminale che portano l’ascoltatore a rimettere da capo ed in loop il bellissimo, potente e devastante Educational Hazard.
Complimenti davvero al quintetto lombardo; composizioni che colpiscono, seducono e con una personalità forte e davvero identificativa che non li fa confondere con nessun’altra band: i tHE mÜRGEN suonano come i tHE mÜRGEN, amen e così sia.
Il mio umore a fine ascolto ha più energia e leggiadria, mi serviva un sound simile a schiaffeggiarmi e rimettermi in carreggiata, never say die.