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Elliott Smith, Il muro del pianto – vent’anni da Figure 8

É l’ultima serata a Los Angeles.
Abbiamo trascorso il pomeriggio alla ricerca delle splendide costruzioni moderniste sguinzagliate qua e là nei quartieri di Los Feliz e Silverlake. Ci siamo riempiti gli occhi dei capolavori di Neutra, Lloyd Wright, Schindler attraversando in auto questi quartieri così particolari nella loro relativa banalità.
Ci siamo imbattuti in un paio di murales dedicati ad Elliot Smith che qui ha vissuto per un lungo periodo ed ogni volta che è accaduto ho sentito un piccolo calore al petto e la bocca mi si è piegata in un sorriso. Abbiamo cenato in un piccolo ristorante molto carino che propone cucina fusion fedele specchio di ciò che la cultura meticcia che abita questa megalopoli cerca quando vuole mangiare. Il ristorante l’ho scelto io. E’ sufficientemente vicino a quella che voglio sia l’ultima meta della giornata.
Non dista tanto, abbiamo deciso di andarci a piedi per corroborare la digestione,  sono circa cinquecento metri di passeggiata tra piccole casette abitate da una medio bassa borghesia, ognuna con un quadratino di giardino davanti. Ognuna diversa ma simile alle altre.
Usciamo sul Sunset Boulevard, un altro centinaio di metri e lo vedo. E’ li. Ancora lì.
E’ il murales dove Elliot si è fatto fotografare per la copertina del suo quarto disco “Figure 8” che oggi compie vent’anni. Una volta era più esteso, era di proprietà di un negozio di elettronica. Poi nel 2016 è stato parzialmente distrutto dai nuovi proprietari per inserire una parete di vetro intesa a portare luce all’interno del loro bar “Angeles”. Nel 2018 il bar ha chiuso ed e’ stato sostituito da un ristorante vietnamita.
Ci avviciniamo, non c’è nessuno fuori, un po’ di gente dentro il ristorante.

Ci si mette un attimo a rendersi conto di come un muro come mille altri, con un murales carino ma relativamente poca cosa rispetto a ciò che adorna le pareti di questa metropoli, sia diventato un luogo di pellegrinaggio, un luogo di testimonianza, un luogo di amore, un luogo di lacrime e sorrisi in un tratto insignificante del boulevard.
Sulla superficie in bianco rosso e nero sono passate decine e decine di penne e pennarelli, tutti con la punta fine come in una attenzione a mantenere relativamente intatto il quadro d’insieme. Chi viene qui, a meno che non sia del quartiere, non viene per caso, viene per lui. Viene perchè Elliott gli ha seminato qualcosa di importante nel cuore e vuole in qualche modo rendergli un saluto, un pensiero, un ringraziamento postumo.
Tra le molte iniziali, i molti cuori a volte spezzati da una freccia, gli  XO (kisses and hugs),  leggo: “I’m in love with the world through the eyes of a girl” “Elliot you got me through my divorce and break up with…….Thank you, you’re a Genius” ”I love you Elliot, you’ve changed me for the better, more than you could ever know” “King Baby Trumpet has obviously been drinking”, “I’ll kiss you again between the bars” “i’m never gonna know you now , but i’m going to love you anyhow”.
Molte sono citazioni dei versi contenuti nella canzoni del cuore, altre sono dediche personali, piccoli frammenti di colloqui interiori, tutte insieme costituiscono un mosaico, un patchwork di amore puro per chi tanto amore ha saputo donare.
Un paio di scatti per ognuno di noi, davanti al muro. Un’ultima mano poggiata quasi fosse un modo di dire ciao ad una persona, un modo di abbracciarla. E poi via, di nuovo alla macchina. Domani si torna indietro. Non credo di dover raccontare molto di Elliott, se siete giunti qui, se state leggendo queste righe quasi certamente ne amate la musica e i versi, se non siete ancora tra quelli è sufficiente aprire You Tube o Spotify e dovunque pescherete sotto il suo nome pescherete bene. Il mio suggerimento è di farlo e poi di acquistare i suoi dischi perchè sono piccoli pianeti in cui potrete ritrovare parti del vostro universo interiore.


Elliott ti raggiunge perchè quando racconta se stesso parla anche di te. E lo fa con una musica che sa essere al medesimo tempo, semplice, ricercata, immediata, ricca di sfumature, diretta ma mai prevedibile. Un miracolo di mirabile equilibrio.
Sono arrivato a lui relativamente tardi all’inizio degli anni zero, ma in un modo che è fissato nella mente in modo preciso e indimenticabile. “Either or” il suo terzo album è stato in assoluto il primo disco che ho “scaricato” utilizzando quel piede di porco chiamato Napster che ha scardinato per sempre le modalità di distribuzione della musica aprendo la strada a quello che adesso è la normalità. Speed Trials il primo suo brano che ho ascoltato. Un soffio di calore umano che mi ha raggiunto immediatamente per non lasciarmi più. Fatevi un regalo. Ascoltate “Figure 8” oggi ed ogni altro suo disco nei giorni a venire. Vi porterà sollievo e gioia in un momento in cui, ne sono certo, ne avete un gran bisogno.

The gentleman in the lane
Spinning his hat on a cane
Stepping out, out for change
Good morning all, it’s a beautiful day

The generals are winning a war
Seemed suicidal before
You came alone, now
I’ll protect you, long as you stay

LA
One of a kind
You’ll be walking in the sun
Living in the day
Last night I was about to throw it all away

If patience started a band
I’d be her biggest fan
Look at me, I’m talking to you
I don’t want the lead in your play

The star’s just a part of the scene
The gentle man in green
Paying off, out on the street
I can’t go home, it’s not on my way

LA
Things are never done, car’s parked in the sun
Living in the day
Last night I was about to throw it all away
Last night I was about to throw it all away
Last night I was about to throw it all away
Last night I was about to throw it all away

Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".