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Alberto Ferrari – live@pagina Facebook Latteria Molloy

Capisci che la situazione è strana, davvero strana, quando anche gli artisti più eremiti, quelli che si fanno vedere solo ed esclusivamente quando hanno un album in uscita (e questo di solito avviene ogni 4/5 anni), concedono due interviste molto personali in un solo giorno e fanno un live su una pagina Facebook di un noto locale di musica dal vivo del bresciano. Nel caso di Alberto Ferrari, poi, “suonare su Facebook” è sempre stato un ossimoro per almeno 2 ragioni: 1) perché è l’essere umano sui 40 anni meno social del mondo (forse superiore solo al fratello Luca); 2) perché quando nel 2011 uscì “Attonito” in cui cantava appunto “sarai così serio suoni, su Facebook” era talmente lontano da quel mondo da credere che davvero nel 2011 sul social di Zuckerberg si potesse suonare. Avrai anche previsto il futuro caro Alby, ma credo che mai ti saresti sognato tempi così crudeli e carcerari per l’umanità intera. Da sempre indigeno di Abbazia, frazione di Albino, nella valle del Lujo, in pieno territorio bergamasco, il cantante, autore e frontman di Verdena e I Hate My Village, si è ritrovato in questi mesi in pieno epicentro Coronavirus, nella vera Wuhan italiana (almeno ad oggi 4 Aprile 2020). È stato quindi naturale per lui, per una volta, uscire dagli schemi, rompere la liturgia che sempre accompagna ogni sua uscita pubblica, ogni suo album, ogni suo concerto. Gli anni passano ma è sempre lui: è sempre il nostro Albertone preferito. Quello che, pur volendo, neanche la riesce a fare una diretta Facebook, perché nella casa in cui da solo sta passando la quarantena internet non prende, se non a tratti WhatsApp. È così quindi che si fa aiutare da un amico a sistemare capra e cavoli per poter registrare il live che poi sarà trasmesso dalla Latteria Molloy. Lontano dalla sua amata famiglia a causa di una brutta tosse avvertita 20 giorni fa circa, di questi tempi ovviamente molto sospetta, su consiglio del suo medico (il cantante della band bergamasca Spread, quelli di “Spremute del mio cazzo”) Alberto si ritrova in una casa non sua, la cui proprietaria però fa un ottimo vino casalingo, ed è costretto a stare in isolamento sperando di poter abbracciare presto i suoi figli. Il nuovo album dei Verdena? Neanche a dirlo… Era quasi pronto, ma i testi che stava scrivendo per esso gli risultano ormai vecchi, passati, travolto come tutti, o forse per ragioni personali e geografiche più di altri, dal maledetto Covid-19. L’impressione è che ci sarà ancora da aspettare molto. Per nostra fortuna però Ferrari ha colto subito al volo la proposta di questo live estemporaneo. L’obiettivo non è la gloria personale (mai ricercata dal nostro) ma la possibilità di sponsorizzare una raccolta fondi che possa aiutare Emergency che tanto si sta dando da fare nelle provincie lombarde nell’aiutare chi viene colpito dal virus.Alberto Ferrari
Si presenta in pigiama, con una faccia stanca, provata, con ancora più occhiaie del solito ma un po’ più in carne, con un filo quasi invisibile di inedita pancetta (sarà per il vino di cui sopra?) e la solita pletora di strumenti e ammenniccoli vari. Non si capisce neanche il perché il microfono sia stato posto così in basso da rendere Alberto curvo per tutto il tempo, ma non importa. Userà, per i 36 minuti che ci ha donato, la sua fida chitarra acustica, e un tono di voce più basso del previsto (“Canos” ad esempio verrà eseguita un’ottava sotto) per non disturbare i vicini. L’unico pedale utilizzato sarà quello che gli permette di farsi i cori da solo, per gli estratti da “Endkadenz”. Il clima è surreale. È veramente anomalo vedere tanta pacatezza dallo stesso artista che non si fa problemi a litigare con il fratello sul palco, a spaccare chitarre, in un clima elettrico sempre sul confine tra capolavoro e catastrofe che rendono vedere i live dei Verdena una delle mie ragioni di vita. Ma quello che conta è che la magia c’è, eccome se c’è. E la mia emozione anche, come sempre quando Alberto si esibisce, in ogni sua forma artistica, fosse anche quella di rilasciare interviste senza senso a qualche giornalista scocciato. La tracklist attraversa solo e soltanto la seconda vita artistica dei Verdena, tra “Requiem”, “Wow” e i due “Endkadenz”, per rendere sempre più chiaro, se ancora qualche fan della prima ora ne avesse bisogno, che è l’unica vita artistica che conta per i Verdena, o quasi. L’introduzione però è in lingua anglosassone. Dapprima una splendida cover di “Blues Suede Shoes”, nella versione di Elvis Presley, apre le danze, seguita subito dopo dalla tribale e ipnotica “Tony Hawk of Ghana”, primo singolo del progetto “I Hate My Village”.
Grazie Alby per questo succosissimo regalo, che ha reso questo sabato da quarantena trepidante e bello. In attesa di poter tornare ai concerti veri, quelli dove gridare dalla prima fila: “Nuuuuuubi di Isaaaaaacccoooooo”, a più non posso, a pieni polmoni.

Setlist:
Blues Suede Shoes (Versione Elvis Presley)
Tony Hawk of Ghana (I hate my village)
Loniterp
Identikit
Tu e Me
Puzzle
Canos
Canzone Ostinata
Razzi Arpia Inferno e Fiamme
Nevischio
Diluvio

Andrea Castelli

“All I want in life is a little bit of love to take the pain away, getting strong today, a giant step each day” (“Ladies and Gentlemen we’re floating in space” - Spiritualized)