Sei in casa da solo, è notte…
Sei in casa da solo, è notte, non puoi uscire, non puoi vedere nessuno. Di vedere un film non hai voglia, passi già troppe ore davanti a quello schermo maledetto e preferisci evitare di continuare a leggere quel noiosissimo libro che hai sul comodino.
Allora cosa fai? Guardi i tuoi vinili, li sfiori, ti ricordi di quando ascoltavi solo quelli. Il tuo indice si ferma su quel disco, proprio quello che da giovane tu e i tuoi amici mettevate su per ballare con una birra in mano. Lo prendi, lo guardi e ti gusti tutti i ricordi, i baci e i sorrisi che scorrevano un tempo su quelle note.
Allora apri il giradischi, con la delicatezza che si usa con un bambino ce lo appoggi e lo fai partire.
All’inizio c’è un graffio, fa un rumore stridulo, e ti ricordi anche tutti i pianti e i segreti che quelle canzoni hanno custodito tutto questo tempo, in attesa che tu le riascoltassi. Così ti accendi una sigaretta, guardi fuori mentre la cenere cade delicata come neve nel vuoto. Vedi la tua città deserta: silenzio è tutto ciò che senti, però vedi tutte le luci accese, così come nelle sere in cui la città era viva di grida e risate.
Il chitarrista inizia a suonare quell’assolo che adori, giusto un secondo dopo che ti sei seduto sulla pelle della tua poltrona, che sembra abbracciarti ma non ti puoi trattenere: senti le corde vibrare nelle vene, allora ti alzi e alzi il volume al massimo. Non ti importa se la vecchietta di sotto sta cercando di dormire: inizi a ballare, salti, ti arrampichi sul divano, abbracci la lampada a stelo e sembra di stare allo stadio, circondato di persone, d’estate, al concerto più bello della tua vita, quello per cui hai passato la notte in macchina, quello per cui ti sei accampato in coda per essere in prima fila.
La canzone sfuma dolcemente in quella successiva e tu sei stanco, così torni a farti abbracciare dalla poltrona e ti chiedi come hai potuto smettere di ballare, come hai fatto a diventare un adulto, e ti manca non avere responsabilità e fare pazzie. Ma ora non puoi perché tutto il mondo è dentro quell’appartamento in cui hai sempre pensato di stare stretto e non ti resta altro che rimettere a posto il disco e andare a dormire, ma come la tua testa tocca il cuscino sei catapultato in un mondo fatto di ricordi: riconosci le fossette della tua prima ragazza che sorride, il grembiule di tua madre e la ventiquattrore di tuo padre, poi di colpo ci sei tu che esci di casa e balli per strada, ci sono tutti i tuoi amici che saltano e cantano a squarciagola e anche la vecchietta di sotto tiene il girello alzato sulla testa e scuote le anche. Ma questo non è un ricordo, questo è il futuro, allora sul tuo viso si scava un sorriso e capisci che ne vale la pena. Vale la pena, per questo, di stare distanti un metro e rimanere a casa a fare finta di lavorare davanti ad uno schermo.
Così domani ti sveglierai, preparerai il caffè, chiamerai i tuoi amici, quelli che non senti dal loro matrimonio, solo per dire loro: “ce l’hai ancora quel disco che ascoltavamo sempre nel mio seminterrato?”