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Neutral Milk Hotel: “In the aeroplane over the sea” – la religione dell’Indie-rock

Jeff Mangum vuole essere lasciato solo. Non ha interesse a cavalcare la mitologica popolarità che la sua stessa assenza e la sua stessa essenza hanno creato nell’adorante popolo indie mondiale.
Jeff Mangum voleva cambiare il mondo. Quando nel cuore degli anni ’90, insieme ai suoi sodali compagni di viaggio, creò il collettivo Elephant 6, non voleva semplicemente comporre musica, ma aveva l’utopia di poter superare qualsiasi ostacolo grazie ad essa e che per i suoi ascoltatori potesse essere lo stesso. Aveva un sogno.
Jeff Mangum è un’anima pura, delicata, di porcellana farebbe dire Sorrentino ad uno dei personaggi della serie “The New Pope”, proprio come il protagonista Sir John Brannox. Troppo pura per questo mondo. Talmente immacolata da scappare dal mondo, dal rifugiarsi nel suo piccolo grande cuore, fatto di condivisione e divisione di onere e onori, proprio come aveva immaginato di poter fare con gli Elephant 6: vivere in una comune di pace e amore dove i soldi non contano ma conta essere ripagati di affetto.
Quando si rese conto che tutto questo non era raggiungibile nella spietata e cattiva realtà che ci circonda, che la musica non sarebbe mai bastata da sola a risolvere i problemi della gente, non aveva più ragione di continuare. Non era importante che il nome dei suoi Neutral Milk Hotel stesse iniziando a farsi largo improvvisamente nel panorama indie americano e non solo. Non è bastato neanche l’invito dei REM ad aprire i loro concerti a fargli cambiare idea. Il bersaglio non era stato centrato. Jeff aveva fallito.
neutral milk hotel“In the aeroplane over the sea” era uscito come un disco indie qualsiasi tramite l’etichetta di culto Merge. Grazie ad una reliquia scoperta qualche anno fa dai fedeli sostenitori del gruppo, sappiamo che l’obiettivo dichiarato di vendita era 5.500 CD e 1.600 LP, nel 1998, quando i dischi si vendevano ancora tanto. L’obiettivo era di confermare le vendite dell’ottimo esordio “On Avery Island”. Ma la poesia dell’album era destinata a cambiare radicalmente le sorti della band. Chiamatela, se volete, teoria del caos. L’avvento di internet e la diffusione del peer to peer e della condivisione di file online ha permesso a questo gioiello nascosto di venire alla luce. Grazie anche al perfetto 10/10 della recensione postuma di Pitchfork (il voto originale era di 8,7), il fenomeno Neutral Milk Hotel ha preso il volo ed il suo autore e creatore Jeff Mangum, o per meglio dire la sua enigmatica e fascinosa assenza nell’epoca del presenzialismo a tutti i costi, è diventata epifanica, ha iniziato a essere idolatrata. Il disco ha lievitato le sue vendite a più di 25.000 copie l’anno e senza entrare mai in nessuna classifica ufficiale, ad oggi, dovrebbe aver abbondantemente superato le 500.000 copie vendute, circa 100 volte quanto previsto inizialmente.
La magia è nata, come spesso accade, dal caso. Nel 1997 Jeff era entrato in un negozio di libri usati. Nonostante avesse 27 anni viene attirato da un libro che quasi tutti gli adolescenti del mondo occidentale hanno già letto e conosciuto ampiamente, ma non lui. Il diario di Anne Frank. Ne rimane sconvolto. Il suo cuore non poteva sopportare le angherie e i soprusi che la povera Anne, la sua famiglia e il suo popolo dovevano sopportare in nome della truce e cieca violenza. La volontà di rivalsa era tanta e decise di scrivere un disco per sperare di poter cambiare la storia, nel quale desiderare una macchina del tempo che potesse salvare la povera Anne, “the only girl i’ve ever loved” come la definisce in “Holland, 1945”. Le sessioni di registrazione, assieme agli altri Neutral Milk Hotel, sono sfiancanti. 14 ore al giorno dormendo sui pavimenti e seguendo le rigide bizzarrie di Mangum, tra sogni di monaci tibetani cantanti da replicare a numeri limitati di suoni da sovrapporre.
Nel mondo scientifico si definisce proprietà emergente un sistema complesso, non lineare, ai margini del caos in cui, grazie ad una auto-organizzazione dei suoi componenti, emerge una nuova proprietà, del tutto inaspettata e non prevedibile in nessun modo. Il tutto è quindi ben di più della somma delle sue parti. Un po’ come ad esempio è l’acqua. Due molecole di idrogeno e una di ossigeno che da sole non contengono nulla che possa essere definito acquoso, messe insieme, come per magia, producono quella che noi definiamo acqua.
È esattamente questo che è accaduto con “In the aeroplane over the sea”. Un coacervo di chitarre acustiche, distorsioni, banjo, trombe di vario tipo, theremin, persino una sega da falegname, mescolato con una meravigliosa voce sgraziata sempre al limite della stonatura ma terribilmente verace e sincera, shakerato con dei testi al limite della follia, è diventato molto di più della somma delle sue parti. È diventato un album epocale, capolavoro di un indie folk lo-fi che per la prima volta riveste le importanti vesti di un concept che trasuda verità e sogno in ogni suo anfratto, in ogni suo respiro, sempre imprevedibile, tra atmosfere circensi (“untitled”), essenziali (“two headed boy”), punk (“holland, 1945”, “ghost”), sognanti (“in the aeroplane over the sea”) e mistiche (“I LOOOOOOVE YOUUUUUUU JEESUUUUUUS CHHHHHHHHHRISTTTTTTT”). Cilegina sulla torta la splendida cover, presa da una vecchia cartolina con dei bagnanti alterata sostituendo la faccia della donna in primo piano con un gigantesco tamburello, quasi a voler far presagire ai futuri ascoltatori cosa aspettarsi.
Dopo un’assenza durata 15 anni, nel 2013, i Neutral Milk Hotel, quasi per disperazione da sfiancante richiesta perenne, si imbarcano in un enorme tour mondiale. Il Jeff che conoscevamo apparentemente non c’è più. Al suo posto un uomo con barba e capelli lunghissimi, aspetto sciatto ed evanescente ma che appena apre bocca e ti guarda con quello sguardo ficcante e penetrante regala spirito e magia, grazie alla sua presenza sempre più mitica e messianica. Da sei anni il velo su di lui si è riposato, nonostante continue illazioni di un doppio album in uscita, le sue apparizioni pubbliche sono quasi paragonate a quelle di Gesù con gli apostoli dopo la resurrezione. Può materializzarsi senza preavviso da spettatore in festival di musica balcanica, come speaker radiofonico notturno di radio locali e sconosciute, come menestrello consolante per i ragazzi che scioperano per il clima o contro Wall Street o semplicemente nella sua musica immortale, sempre edificante, sempre miracolosa.

 

Andrea Castelli

“All I want in life is a little bit of love to take the pain away, getting strong today, a giant step each day” (“Ladies and Gentlemen we’re floating in space” - Spiritualized)