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Cheap Wine – Faces – Il nuovo album

FACES –(Cheap Wine Records, autoproduzione)

Sono passati circa vent’anni dal mio primo ascolto di un album targato Cheap Wine, ma ancora mi emozionano certi rituali: l’ordine, l’attesa, l’apertura della busta imbottita, l’inserimento del cd nel lettore. Sai già che ti sentirai comunque “a casa”, ma rimane l’incognita di quale strada abbiano intrapreso in questa occasione.
Chiusa l’eccellente prima parte di carriera con un ottimo doppio dal vivo (“Stay Alive”, 2010), i pesaresi arricchivano il proprio suono con le magnifiche tastiere di Alessio Raffaelli, che andava ad aggiungersi alla consueta formazione composta dai fratelli Marco (voce, chitarra ritmica, autore principale) e Michele (chitarrista eccezionale, coautore di vari brani) Diamantini e dalla perfetta sezione ritmica che vede Alan Giannini dietro piatti e tamburi e Andrea Giaro al basso, in sostituzione di Alassandro Grazioli a partire dal live “Mary And The Fairy” (2015. A mio parere, uno dei migliori dischi dal vivo degli ultimi vent’anni: e non intendo solo in Italia).
Questo nuovo “Faces” segue una serie di tre concept album che proponevano una riflessione sull’attuale situazione sociale, a partire dalle difficoltà date dalla ricerca di quella vita dignitosa che viene prospettata da modelli artificiosi (“Based On Lies”, 2012), alla disperazione per l’ansia di non riuscire ad ottenerla (“Beggar Town”, 2014), alla speranza in un futuro migliore (“Dreams”, 2017).
Oggi i testi di Marco descrivono un’attualità incapace di fornire risposte: i personaggi che popolano le nuove canzoni non comprendono la realtà circostante, devono fidarsi di chi incontrano. Oggi quello che conta sono le facce: quelle che si mostrano, spesso maschere, e quelle reali, quelle che con uno sguardo, o una smorfia, esprimono una vita intera.
Illustrato da una copertina graficamente e concettualmente molto diversa rispetto al passato, l’album si dimostra subito aderente a questa novità: le tastiere sono prevalentemente elettroniche (ma analogiche), a costituire tappeti, sfondi, atmosfere nelle quali le chitarre di Michele colorano gli spazi, si sbizzarriscono, carezzevoli o prepotenti, suadenti o ferocemente psichedeliche, in canzoni declamate da una voce al solito molto espressiva. Le percussioni sono dinamiche, mai limitate dai ritmi, ora più accennate, ora più potenti , sulle cui linee danzano sinuose le note del basso.
Una grandissima prova di coesione sonora che incornicia perfettamente canzoni ispirate, racconti densi di significato (al solito, i testi sono acclusi con traduzione a fronte).
Il favoloso trittico di apertura (la sontuosa Made To Fly, le ballate Head In The Clouds e The Swan And The Crow, ove pare che dietro l’angolo Lanegan, Cave e Mike Scott stiano resuscitando Bap Kennedy) sorprende l’ascoltatore calandolo in una dimensione sonora nuova per il gruppo, molto più british rispetto al passato, arrivando a flirtare con il power pop in The Great Puppet Show, caratterizzata da un riff di piano insistente. Faces, la title track, è il perfetto cuore dell’album: strategicamente posta a metà del programma, è drammatica, basata su una spazialità che rende protagonisti tutti gli strumenti che si sfogano nella lunga, avvolgente coda strumentale.
La seconda parte dell’album è più vicina al classico Cheap Wine sound (Misfit, la potentissima Desguise), un suono che abbiamo imparato ad amare in quasi un quarto di secolo di attività del gruppo, anzianità di tutto rispetto per un’entità che da sempre si auto produce e non può contare su spinte promozionali che esulino dal passaparola.
Suono classico, dicevamo, ma pur sempre aggiornato al tono generale del disco, come rivelano i trattamenti riservati a Princess e alla conclusiva, notturna, New Ground.

Un album bellissimo, come sempre.
Alcuni giorni prima della spedizione ai partecipanti al crowdfunding, avevano chiesto ai loro affezionatissimi fans, i Wineheads: “Che tipo di disco vi aspettate?”.

Avevo risposto anch’io, lapidario: “Fiero”.

Ci ho preso in pieno: grazie, ragazzi.

P.S.: date un’occhiata al video di The Swan And The Crow, appena pubblicato e illustrato da Francesco Zanotti

Massimo Perolini

Appassionato di musica, libri, cinema e Toro. Ex conduttore radiofonico per varie emittenti torinesi e manager di alcune band locali. Il suo motto l'ha preso da David Bowie: "I am the dj, I am what I play".