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Tre film che furono, e tre film che avrebbero potuto essere.

Bentornati. Oggi vi parlo del genere letterario e cinematografico che prediligo, la Fantascienza.
In particolare tratterò’ tre film tratti da capolavori indiscussi del panorama fantascientifico letterario di tutti i tempi, e altri tre che sono rimasti, al momento, progetti nel cassetto di qualche regista o produttore, ma che date le premesse dei romanzi da cui sono tratti, avrebbero il potenziale di entrare nella storia.
Ma procediamo con ordine, e partiamo da uno dei precursori della Fantascienza: Herbert George Wells. Dai suoi romanzi visionari e futuristici sono stati tratti parecchi film, in diverse epoche, quello che analizzo oggi é “The time machine” del 1960 per la regia di George Pal. La trama narra le avventure di uno scienziato Inglese tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 (quindi contemporaneo al tempo in cui il romanzo venne scritto), che inventa una macchina capace di viaggiare nel tempo. Il romanzo, ed il film, sono una lunga narrazione dello scienziato ad alcuni amici della sua avventura svariate centinaia di migliaia di anni nel futuro, dove incontra un mondo con esseri umani profondamente mutati, e divisi in due società assai diverse, ma in qualche modo legate una con l’altra.
Wells riflette nel romanzo tutto il suo orientamento progressista e socialista, sottolineando in particolare i pericoli di una società come l’Inghilterra Vittoriana della rivoluzione industriale, in cui si andava delineando sempre piu’ la divisione tra classe dirigente e classe operaia, arrivando addirittura a ipotizzare un estremo sviluppo nel lontano futuro, che non rivelo per non rovinare la visione del film a chi non lo avesse ancora visto.
Nel film di Pal invece, con un tipico intervento sulla trama, molto comune nei film di Hollywood dell’epoca, il punto focale viene spostato sui pericoli della guerra fredda, e la minaccia che proviene dall’Est (nel 1960 si e’ in piena crisi, e la corsa con la Russia agli armamenti e alla conquista dello spazio é in pieno svolgimento). Il protagonista, superbamente interpretato da Rod Taylor, si trova coinvolto in un bombardamento nucleare durante il viaggio nel suo futuro, dal quale riesce a fuggire all’ultimo secondo. Da quel punto la profonda differenziazione che il protagonista trova nel futuro, che nel libro viene imputata alle differenze sociali che Wells osteggiava, trova invece origine nella pellicola proprio dalla divisione provocata dal conflitto nucleare, e dall’impatto che questo ha avuto nel lontano passato sui diversi gruppi di cittadini.
Oltre a Rod Taylor, che al tempo di “Time Machine” aveva gia’ una quindicina di pellicole alle spalle, e che tre anni dopo interpreterà “The birds” di Alfred Hitchcock, nel cast troviamo anche Yvette Mimieux, alla sua prima vera esperienza cinematografica; Alan Young, affermato attore televisivo, e Sebastian Cabot l’ineffabile e irresistibile maggiordomo di “A family affair” (noto in Italia come “Tre nipoti e un maggiordomo”).
Gli effetti speciali del film, per la maggior parte in stop motion, vennero coordinati da George Pal in persona; degna di venire menzionata la macchina del tempo, disegnata e realizzata da Bill Ferrari, e da molti considerata uno degli oggetti precursori dello Steampunk. Molte delle sequenze finali del libro (nel quale il protagonista viaggia milioni di anni avanti nel futuro fino a raggiungere quel che Wells chiama “la fine del tempo”, per poi far ritorno nel suo tempo) vennero ignorate nel film, vista la notevole complessità di realizzazione per i mezzi dell’epoca (e il limitatissimo budget del film, inferiore al milione di dollari). La colonna sonora, che comprende 21 brani, venne composta e diretta da Russell Garcia, che aveva gia’ composto altre colonne sonore per film di genere fantascientifico, come “Atlantis lost continent”. Dal libro sono state tratte altre pellicole, in tempi piu’ recenti, purtroppo non con lo stesso risultato di quella del 1960.
La seconda pellicola, e il romanzo da cui e’ tratta, di cui parliamo oggi sono diametralmente opposti ai precedenti. Alla visione socialista di Wells, si oppone molti anni dopo quella totalitarista e per certi versi fascista di Robert A. Heinlein, e del suo “Starship Troopers”.
Consderato uno dei capisaldi della fantascienza di sempre, ma anche uno dei più controversi,  Starship Troopers (1959) descrive una umanità’ futura, che si é espansa tra le stelle, e che e’ entrata in contatto con altre due razze di esseri senzienti, una abbastanza simile a quella umana, sebbene con caratteristiche fisiche diverse, ed una di insetti organizzati gerarchicamente. Il romanzo narra il conflitto che scaturisce dall’incontro delle tre razze, vissuto attraverso gli occhi del protagonista, Juan Rico, e la sua sfolgorante carriera militare; ma soprattutto narra di una società terrestre dittatoriale e totalitaria, governata da un solo governo centrale, organizzata militarmente e con leggi draconiane tese a mantenere la disciplina più ferrea. Heinlein dichiaro’ più volte che quello di Starship Troopers era il mondo che avrebbe preferito, con un solo governo centrale  quale unica soluzione alla spada di Damocle del conflitto nucleare.
E’ da notare che nonostante il rigido conservatorismo in tema di politica, Heinlein dimostro’ in piu’ occasioni di avere vedute ben più ampie e liberali su altri temi sociali quali la segregazione razziale (contro la quale si espresse in svariati romanzi) e l’omosessualità. Nello stesso Starship Troopers la società umana del futuro ha abbandonato ogni pregiudizio razziale di qualsiasi forma.
Il film, che ha lo stesso titolo, é del 1997 per la regia di Paul Verhoeven. La trama del film si concentra principalmente sul conflitto con gli insetti, ignorando totalmente la terza razza descritta nel libro (chiamati i “pelleossa”). Molte delle sequenze hanno un notevole impatto sullo spettatore, e sangue e corpi smembrati sono abbastanza ricorrenti. La trama del film aggiunge alcuni elementi non presenti nel libro: un triangolo sentimentale tra i tre protagonisti (Casper Vandien, Denise Richards e l’ottima Dina Meyers nella parte di Dizzy Flores, che in realtà nel romanzo é un uomo). Il film comprende anche lunghe sequenze ambientate nel college dei tre protagonisti, a cui nel libro si fa riferimento solo in alcuni flashback. Il finale é completamente diverso, in quanto nel romanzo non é un finale vero e proprio, ma piuttosto un rimando ad un sequel (che non venne mai scritto).
La colonna sonora della pellicola venne composta da un veterano del settore, Basil Pouledoris (di cui mi sono occupato in un altro articolo), e comprende brani dal carattere marziale e militaresco. Il film ebbe un discreto successo di pubblico e di critica, ma le notevoli discrepanze con il romanzo di Heinlein attirarono ovviamente il dissenso dei fan dello stesso, in quanto a loro avviso la vera essenza del romanzo e’ stata completamente ignorata.
Il film ebbe anche un paio di sequel, di scarso valore e interesse, e una serie animata, decisamente più aderente al romanzo.

Il terzo romanzo/film di cui vi voglio parlare e’ del Maestro indiscusso della Fantascienza, Isaac Asimov, e si intitola “Bicentennial man”. Fin dai tempi di “R.U.R.” e “Metropolis”, i Robot nell’immaginario collettivo sono sempre stati visti (con rare eccezioni) come “usurpatori” della nostra umanità, e pronti a sostituirci o a ribellarsi per scopi quasi sempre malvagi. Asimov ful il primo a ipotizzare un’etica applicata ai meccanismi, quando nel 1950 concepì le tre leggi della robotica, che regolano il rapporto uomo/macchina. Intorno a queste tre leggi Asimov scrisse diversi racconti e romanzi, tra i quali da ricordare “I, Robot” (che e’ anche il nome di una famosa raccolta di racconti tutti dedicati ai Robot),  “The caves of steel” e appunto “Bicentennial man” scritto nel 1976. In tutti questi romanzi Asimov affronta il complesso rapporto che si crea tra robot senzienti e con capacità’ di discernimento, e gli esseri umani che li utilizzano per svariati scopi. In ogni racconto e romanzo viene creata una “anomalia” che sfida e aggira le tre leggi, e crea la base per i vari racconti.
Bicentennial man” costituisce una eccezione, in quanto affronta un aspetto abbastanza unico della questione, ovvero quando una macchina cessa di essere tale, e diventa un essere umano? Il racconto breve di Asimov venne poi trasformato in un romanzo nel 1992, scritto a quattro mani con un altro gigante della fantascienza letteraria, Robert Silverberg. La trama si svolge in un arco di duecento anni (da cui il titolo) e racconta la volont° di un robot ultratecnologico di venire dichiarato “essere umano”.
Il film, del 1999 per la regia di Chris Columbus, vede l’eccellente interpretazione del compianto Robin Williams nella parte del protagonista, e affiancato da Sam Neill e Embeth Davidtz. Il film raccoglie la sfida non facile di rappresentare l’evoluzione di tre generazioni di una famiglia, oltre allo sviluppo tecnologico e scientifico della società del futuro, il tutto con soluzione di continuità’. Ne scaturisce una pellicola decisamente gradevole, e anche toccante in certi passaggi.
La critica non rimase impressionata dal film, ed in effetti la maggior parte delle recensioni furono piuttosto negative. Il film resta comunque una ottima trasposizione sia del racconto originale, sia del romanzo successivo, supportato da ottimi effetti speciali e dalla colonna sonora di un maestro del genere, James Horner (“Aliens”, Braveheart”, “Apollo13” tra gli altri).

Passiamo ora a quei tre film, tratti da classici del genere, di cui si discute da anni, con annunci, aggiornamenti, discussioni, ma che fino ad oggi non sono mai diventati realtà, per ragioni diverse.
Il primo fa riferimento a un altro Maestro della fantascienza letteraria, sempre contrapposto ad Asimov come il suo amico/rivale principale: Arthur C. Clarke. A Clarke si deve il racconto breve che costituì la base per la trama di 2001 Odissea nello spazio (“The sentinel” del 1948), ma anche numerosi altri classici della fantascienza letteraria, quali “Prelude to space”, “Childhood’s end” (di cui é stata rilasciata recentemente una versione televisiva a episodi), “The sands of Mars” (il romanzo che aprì’ le pubblicazioni del periodico Italiano fantascientifico Urania), e “Rendezvous with Rama” del 1973, del quale ci occupiamo appunto in questo articolo. E’ da notare che Clarke ha anche scritto diversi articoli di divulgazione scientifica, oltre ad aver collaborato a diversi progetti scientifici quali lo sviluppo dei satelliti per telecomunicazioni.
Rendezvous with Rama” e’ ambientato in un futuro molto prossimo, e racconta le vicende di un gruppo di astronauti inviati ad esplorare un artefatto alieno, di proporzioni gigantesche, in transito nel nostro sistema solare, che cela all’interno un microcosmo misterioso. La trama é colma di sorprese e colpi di scena, nel classico stile narrativo di Clarke. Il romanzo é uno dei più premiati della storia della narrativa fantascientifica, e oltre a vari riconoscimenti, vanta i due premi piu’ ambiti del settore: il Nebula e l’Hugo. Clarke scrisse altri tre romanzi, collegati al primo, ed un altro scrittore di fantascienza, Gentry Lee, ne scrisse altri due.
L’idea di realizzare un film basato sulla trama dei primi due libri di Rama venne nell’anno 2000 all’attore Morgan Freeman, attraverso la sua casa di produzione Revelations Entertainment. Il progetto viene menzionato ad intervalli regolari sia da Freeman sia da altri personaggi del settore, come David Fincher. Nel 2012 durante una intervista con l’Astrofisico statunitense Neil DeGrasse Tyson, Freeman ha ribadito ancora una volta la sua ferma intenzione di produrre ed interpretare il film, ma purtroppo fino ad oggi non vi sono segnali tangibili di una sceneggiatura finale, o di un piano per iniziare le riprese. Se il film verra’ mai realizzato, la sfida principale consiste nel rappresentare la vastità e complessità dell’interno di Rama, con tutte le implicazioni in termini di curvatura del terreno, e la gravità originata dalla rotazione del cilindro, che si riduce gradualmente verso l’asse centrale.
Il secondo progetto che esaminiamo e’ tratto da un romanzo che e’ una via di mezzo tra Fantascienza e Horror, scritto nel 1931 dal Maestro inconstrato dell’orrore cosmico, Howard Phillips Lovecraft, intitolato “At the mountains of madness”. Il romanzo racconta di una spedizione di esplorazione nel continente Antartico, e della scoperta degli imponenti resti di una antichissima civilta’ Aliena, con risvolti imprevisti e inquietanti.
Il progetto di portare la novella sul grande schermo risale al 2006, quando il regista Guillermo Del Toro (che non nasconde la sua passione per Lovecraft, disseminando citazioni e riferimenti nel suoi film quali “Hellboy” e “The shape of water”) e lo sceneggiatore Matthew Robbins scrivono una sceneggiatura tratta dal romanzo, e la sottopongono alla Warner Bros. Il progetto viene poi menzionato nuovamente nel 2010, quando per la prima volta viene fatto il nome di Tom Cruise nella parte del protagonista. Nel 2012 Del Toro sembra fare marcia indietro, citando le difficoltà oggettive di realizzare la pellicola, per poi ribadire ancora una volta l’intenzione di realizzarlo solo un anno dopo. Da quella data, il progetto sembra essere passato in secondo piano, con Del Toro che nel frattempo ha realizzato diversi progetti quali “Pacific Rim” e “Shape of water”, e si e’ concentrato su un suo sogno di portare sul grande schermo una versione di Pinocchio.
Le difficoltà che Del Toro e Robbins hanno incontrato presso le case di produzione dove il progetto e’ stato proposto sono legate principalmente alle ambientazioni Antartiche, che ovviamente farebbero lievitare notevolmente i costi di produzione, ma soprattutto alla crudezza di certe scene, che essendo una componente importante degli sviluppi della trama, devono comparire esattamente come nel racconto originale; questo porterebbe il rating del film a “R”, limitando notevolmente il bacino di spettatori potenziali. Questo fattore, associato al costo previsto per produrre il film, intorno ai duecento milioni di dollari, ha finora scoraggiato tutti i produttori a cui il progetto e’ stato sottoposto. Un altro fattore importante é il finale, che nel racconto, e come in tutti i racconti e romanzi di Lovecraft non e’ lieto, ma anzi porta a un sentimento di impotenza e disperazione per il genere umano; nella Hollywood delle ultime decadi il lieto fine, o almeno una nota positiva e’ ormai uno standard per quasi tutti i film prodotti.
Il terzo progetto “aperto” di cui mi occupo oggi non e’ un film, ma bensì una serie televisiva di cui si e’ parlato recentemente, tratta da un romanzo dello scrittore di fantascienza Statunitense Frederik Pohl intitolato “Gateway” del 1977; romanzo che vide ben quattro sequels negli anni a seguire.
La trama del romanzo é molto interessante: in un futuro relativamente prossimo, all’interno di un asteroide nel pressi di Venere vengono scoperti i resti di una antica civiltà aliena; l’asteroide, che viene chiamato Gateway, é una stazione spaziale che contiene un migliaio di navicelle con rotte pre-programmate verso diversi punti della galassia (e oltre). Le navicelle vengono inviate in esplorazione con volontari all’interno, reclutati tra i disperati di una terra sovrappopolata e con notevoli carenze di cibo, nella maggior parte dei casi senza sapere verso dove, o i tempi di ritorno. Il risultato e’ una elevata mortalità dei volontari, che in caso di ritorno vengono comunque remunerati generosamente dalla Gateway corporation. Il romanzo si sviluppa attraverso il racconto di uno dei volontari, Robinette Broadhead, le sue avventure su Gateway e le spedizioni a cui partecipa.
Il primo riferimento ad una versione televisiva ad episodi risale al 2015, quando la rivista del settore Variety annunciò che David Eick (produttore di “Battlestar Galactica”, “Hercules” e “Xena”) e Josh Pate avevano avviato il progetto di portare Gateway sullo schermo, per il canale TV SyFy. Un ulteriore riferimento arriva nel 2017 con l’annuncio che Skybound Entertainment prenderà in carico la produzione della serie, ma fino ad oggi questa resta l’ultima notizia disponibile.

Marco Quaranta

Marco Quaranta è nato a Torino, più di 20 e meno di 80 anni fa. 25 anni fa ha deciso che voleva vedere il mondo, e da allora ha vissuto dieci anni in Asia e quindici in Australia. Al momento vive a Melbourne. Marco é pazzo per la fantascienza, in tutte le sue forme. Gli piacciono anche il cinema, la musica e i giochi di ruolo.