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RVG – Feral (Fire Records 2020)

È il solstizio d’estate, meteorologicamente uno dei più splendidi che ricordi, uno di quei giorni in cui il mondo ti sorride nonostante tutto, anche se il lavoro ti spezza, l’incertezza sul futuro ti prostra e gli avvertimenti sulla “seconda ondata” della pandemia non mancano di gettare benzina sul fuoco di una mezza annata da scordare.
Si avverte un gran bisogno di proiettarsi nei prossimi mesi, se non altro per allontanarsi da questi appena trascorsi e in questa giornata di luce abbagliante e aria che si muove sulla pelle è un suono di chitarre dall’arpeggio scintillante quello che esce dalle casse dell’auto mentre scorre sulla tangenziale. Ed è quello che ci vuole. La ciliegina sulla torta.
Gli RVG mi sono stati consigliati da voci sempre molto affidabili e “sul pezzo” mentre si discuteva di rock australiano. Il parallelo più immediato che mi veniva fornito era quello con i Go Betweens di Robert Forster e Grant Mc Lennan.RVG
Il primo ascolto integrale del loro secondo album appena uscito “Feral” è stato illuminante, letteralmente “un amore a prima vista”, e sono giunto al termine convinto di aver sentito cantare un uomo dalla voce acerba, strafottente, sicura di se, e in qualche modo ammaliante. Mi è caduta letteralmente la mascella nel momento in cui ho pescato i loro video su youtube rendendomi conto che chi canta è una donna fatta e finita, sebbene con dei lineamenti piuttosto virili.
Romy Vager è la deus ex machina di questa band di Melbourne, del resto anche l’acronimo che definisce la band, omaggiando a suo modo il Patti Smith Group, parla chiaro. È Romy a scrivere le canzoni, grandi canzoni che non ti mollano, e a cantarle con un piglio ed una convinzione che non possono lasciare indifferenti. E Romy è transgender.
La costruzione di questo suono in grado di conquistare immediatamente attenzione, in cui strafottenza glam, indie pop di matrice velvet, asprezze post punk, sognante paisley sound e selvatica attitudine australe si incontrano virtualmente in un incrocio che incanta è avvenuta nel corso di sette anni di apprendistato in cui Romy ha bazzicato la scena di Melbourne pubblicando su soundcloud l’embrione dei brani che avrebbe poi pubblicato con il gruppo nell’album d’esordio “A Quality of Mercy” uscito in sordina un paio d’anni orsono, un disco in cui non mancano frecce acuminate in grado di conquistare, “Vincent van Gogh” su tutte.
“Feral” esce per la Fire Records con una spinta promozionale piu’ decisa ma si sta aprendo i propri spazi essenzialmente grazie ad un passaparola che diventa inevitabile quando si viene a contatto con qualcosa di cosi perfetto nel suo mettere insieme personalità, cura artigianale nella costruzione del suono, scrittura convincente e passione interpretativa.
Romy canta di emozioni vere, di amore, frustrazione, rabbia, tenerezza, sputandoti addosso le parole con una convinzione spiazzante, lontanissima dal cinismo “cool” il cui dilagare ha avvelenato molti pozzi creativi in ambito pop-rock negli ultimi quindici anni. In altre parole “She really means it!”.
“Alexandra” “I Used To Love You” “Christian Neurosurgeon” “Help Somebody” “Perfect Day”… sono tra le canzoni migliori che potrete ascoltare quest’anno non lasciatevele sfuggire.
Sono un viatico perfetto per affrontare i prossimi sei mesi con la carica che serve.

Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".