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Sunday Service Choir: “Jesus is Born” – Buon Natale da Mr West

Questa volta Kanye ha mantenuto la promessa.
Quando subito dopo l’uscita di “Jesus is King” aveva dichiarato di voler fare uscire un album il 25 Dicembre chiamato “Jesus is Born” a nome del Sunday Service Choir sembrava l’ennesima boutade, l’ennesima dichiarazione che non sai mai se fa per attirare l’attenzione su di sé o perché si sente talmente immenso da poter fare di tutto e di più. Sembrava dovesse accodarsi alla mancata uscita di “Yandhi”, alla mancata aspettativa di voler fare 3 album all’anno o addirittura un album a settimana. E invece l’esordio del Sunday Service Choir è avvenuto rispettando la scadenza. Proprio nel giorno più significativo per il suo debutto discografico. Il giorno di Natale. Il Sunday Service Choir è un coro che arricchisce le funzioni religiose di una specie di nuova Chiesa creata dal beat maker di Chicago. Figlio della conversione verso un cristianesimo integralista che già avevo raccontato qualche mese fa su queste pagine. Le aspettative relative al risultato finale del disco erano onestamente molto basse. Soprattutto visto l’insipido ultimo album che tanto ha fatto parlare di West in questa seconda parte del 2019. Mai come in questo caso, però, è il caso di dire che le vie del “Signore” sono infinite.
Sarà il clima festivo, sarà la magia del Natale, ma questo “Jesus is Born” non è male. Un onesto e ben fatto album gospel che alterna pezzi traditional ad altri più sperimentali dove il tocco di Kanye si sente in maniera distinta, a partire dalla terza traccia in tracklist: “Revelations 19:1” che fa subito capire che il piglio del disco è quello giusto. A cantare è sempre l’eccellente coro, coadiuvato dal fido Tony Williams, cugino di West e da sempre accanto a lui sin dal primo album “The College Dropout”. 19 brani per 1 ora e 24 minuti ricchi di suggestione spirituale tra riadattamenti di vecchie canzoni di Kanye (“Ultralight Beam”, “Father Stretch my hands pt. 1”, “Fade”…) cover di altri artisti (SIA) e tanti inediti. Una scaletta già pronta per essere replicata al prossimo Coachella. Chissà se questa volta la volontà di non esporsi in prima persona vada di pari passo ad un desiderio, magari inconscio, di ridimensionarsi. Dopotutto, il ritrovato rapporto con il padre, protagonista insieme a lui del video del singolo “Follow God” tratto dal suo ultimo “Jesus is King”, potrebbe essere un sintomo di un ritrovato rapporto con le origini, di un ritorno alla quotidianità di una vita più semplice rispetto a quella della iper-popolarità che lo ha portato sempre più a sprofondare nei sordidi meandri della malattia mentale.
Certo, l’abbandonarsi all’estremismo religioso è un pericolo notevole per lui, per chi gli sta attorno e anche per il mondo intero se dovesse concretizzarsi la sua candidatura alle presidenziali USA per il 2024.
La speranza è che questa esasperazione sia solo strumentale alla sua mente per ritrovare pian piano una consolazione che possa farlo ritornare in se e farli decidere una volta per tutte di dedicarsi esclusivamente alla sua arte, devota ad un dio o no non importa, l’importante è che sia degna di essere tale.
Forse il fatto di stare dietro le quinte ha aiutato Ye ad essere meno egocentrico e lavorare per un ideale più grande gli ha dato la spinta per un lavoro equilibrato e ricco di passione ed emozione che poi è quello che rende gli album vivi e li fa splendere di luce propria. Alla fine è a questo che servono gli ideali no? A spostare l’asticella verso qualcosa di più grande di noi per migliorarci e ispirarci e rendere la vita più dolce. È importante che siano realizzabili? Forse l’importante è che lo siano nel nostro cuore.
Ah, dimenticavo…buon Natale!

 

 

Andrea Castelli

“All I want in life is a little bit of love to take the pain away, getting strong today, a giant step each day” (“Ladies and Gentlemen we’re floating in space” - Spiritualized)