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Ma(t)trici.

Lo sviluppo della biologia distruggerà le nostre tradizionali credenze e non è facile capire cosa metterà al loro posto.”
(Francis Crick)

Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.
(The Matrix, Morpheus parla a Neo)

When it came to pass,
Loaded, pass me by
Fate, with a single blow,
Has clustered by me now
True, I had my chance,
True, true, true I had those wild charms for you
(The Kills, “DNA”)

Ognuno di noi si porta scritto dentro – negli interstizi tra atomo e atomo così come sopra ogni protone ed elettrone di cui è composto – le sue caratteristiche basiche. Insomma, in questi casi si dovrebbe parlare di DNA: ma credo lo si farebbe erroneamente. Perché il DNA di una persona è solo il substrato genico, la materia grezza e di partenza da cui poi quell’essere vivente cresce, muove e si trasforma, e diventa l’individuo che poi tutti noi possiamo conoscere e – a seguito di una più o meno assidua frequentazione diretta – riconoscere, ogni qualvolta le reciproche e rispettive strade si incrociano. Quello che ci definisce come individui, invece, io lo definirei più una sorta di codice informatico, un programma più o meno complesso, che spesso diventa una sorta di barriera indecifrabile. O quasi. Perché ognuno di noi ha, per l’appunto, un diagramma generativo, che definisce l’intima complessità del codice. Una matrice, per dirla con un linguaggio a molti di noi non ostico, poiché anche appartenente ad una fortunatissima serie di film che avevano come protagonista Keanu Reeves. Ed è proprio l’arrivare a capire e a leggere quel codice, che spesso ci svela la vera essenza della persona che ci troviamo davanti. A volte questa scoperta avviene giorno per giorno, un lento e continuo decriptaggio che ci porta ad amare quella persona, senza altro bisogno di analizzare tutte le sue sub-routines: vedere chiaramente il codice primario, in quei casi, ci è sufficiente per definire il suo contorno complessivo. Altre volte, invece, per riuscire a vedere chiaramente la matrice originaria di una persona, è necessaria l’assunzione della famosa pillola rossa, una terapia d’urto deconnettiva che, se da un lato mostra dolorosamente la realtà così com’è – scabrosa, deludente, assolutamente difforme dall’apparenza – dall’altro ci mostra trasparentemente ogni più piccola mossa e azione per quello che è: un programma, un gioco, un simulacro di realtà. E’ da quel momento in poi che capiamo che più nulla del programma potrà mai più colpirci, come se fosse un’immagine al rallentatore, laddove noi ci muoviamo a velocità normale e, pertanto, cento volte più svelta. E capiamo che – a volte – la differenza tra l’essere l’eletto o il tizio che si risveglia tranquillo nel suo letto, sta tutta nell’aver ingoiato la pillola.
E senza nemmeno l’aiuto di Mary Poppins.

 

Stefano Carsen

"Sentimentalmente legato al rock, nasco musicalmente e morirò solo dopo parecchi "encore". Dal prog rock all'alternative via grunge, ogni sfumatura è la mia".