Green Planet Radio Rock

The Last Resort: The Eagles (1976)

Dici Eagles e in tanti storcono il naso. Lusso, Cocaina e West Coast soft rock lontano anni luce dalla vita dell’uomo comune, questi i luoghi, altrettanto comuni, abbinati quasi in automatico alla band californiana.
Come in ogni luogo comune c’è del vero al fianco altresì una forzatura della realtà che è quella di artisti che hanno toccato temi diversi andando a toccare spesso il nervo scoperto della perdita di innocenza della American Nation avendo del resto esperienze di prima mano vissute in quella LOS ANGELES avamposto simbolico della cultura del successo ad ogni costo e delle aberrazioni ad esso connaturate insite nella way of life statunitense.
La California degli Eagles è spesso descritta, a partire dalla title track dell’album che da essa stessa trae il titolo, come paradiso che ha iscritto nel proprio DNA il “bug”, il baco che la può portare all’implosione azzerando in breve tempo tutte le ragioni che per decenni l’anno resa la meta di milioni di persone alla ricerca della felicità, la terra promessa per antonomasia dell’American Dream.
THE Last Resort è il brano che chiude Hotel California il best seller del 1976 con cui gli Eagles diventarono enormi in America e non solo, e tocca in modo molto esplicito il tema ambientale. E’ un brano dall’ampio respiro che si sviluppa su più di sette minuti di durata con una coda strumentale molto suggestiva a cavallo su toni agrodolci tra l’amarezza e la speranza.
Don Henley, batterista e voce tra le più belle in senso classico di tutto il rock, ne è l’autore e come affermò in varie interviste il brano costituiva la sua dolente riflessione sulla indole innata dell’uomo a distruggere ogni paradiso che incontri sulla sua strada.
Il punto di vista è quello di chi ben conosce il contrasto fortissimo tra le meraviglie naturali di una terra, la California, ricca come poche e la rovina prodotta da una mercificazione e uno sfruttamento del territorio e delle risorse spinta al punto da renderla a tratti una landa desolata, cosa che risulta immediatamente evidente a chi abbia visitato i suburbs losangelini a due passi dalle enormi spiagge o dai deserti selvaggi.
Il racconto prende le mosse dai padri pellegrini e ripercorre a grandi linee la storia del popolo bianco di origine anglosassone che nella sua corsa ad ovest nel corso di meno di due secoli ha portato alla rovina intere aree del paese man mano che le sottraeva ai nativi che le abitavano in totale armonia, si parla di città che crescono e di una terra stuprata in ossequio ai bisogni illimitati e spesso autoindotti dell’uomo che lo portano ad atti contrari ad ogni valore morale.
Ed il paradosso conclusivo, summa di un brano molto riuscito nella sua amara magniloquenza, e’ che anche adesso dopo averlo distrutto gli uomini “Lo chiamano Paradiso, il luogo dove stare, ma non capisco il perché, e quando inizi a chiamare un luogo paradiso puoi già dirgli addio”

L’ULTIMA SPIAGGIA

She came from Providence, the one in Rhode Island
Where the old world shadows hang heavy in the air
She packed her hopes and dreams like a refugee,
Just as her father came across the sea

She heard about a place people were smilin’,
They spoke about the red man’s way, how they loved the land
And they came from everywhere to the Great Divide
Seeking a place to stand or a place to hide

Down in the crowded bars out for a good time,
Can’t wait to tell you all what it’s like up there
And they called it paradise, I don’t know why
Somebody laid the mountains low while the town got high

Then the chilly winds blew down across the desert,
Through the canyons of the coast to the Malibu
Where the pretty people play hungry for power
To light their neon way and give them things to do

Some rich man came and raped the land, nobody caught ‘em,
Put up a bunch of ugly boxes and, Jesus, people bought ‘em
And they called it paradise, the place to be,
They watched the hazy sun sinking in the sea

You can leave it all behind and sail to Lahaina
Just like the missionaries did so many years ago
They even brought a neon sign ‘Jesus is Coming’,
Brought the white man’s burden down, brought the white man’s reign

Who will provide the grand design, what is yours and what is mine?
‘Cause there is no more new frontier, we have got to make it here
We satisfy our endless needs and justify our bloody deeds
In the name of destiny and in the name of God

And you can see them there on Sunday morning
Stand up and sing about what it’s like up there
They called it paradise, I don’t know why
You call some place paradise, kiss it goodbye

L’ULTIMA SPIAGGIA

Lei viene da Providence, nel Rhode Island
Dove le ombre del vecchio mondo incombono minacciose nell’aria
Aveva messo nel bagaglio le sue speranze e i suoi sogni come una profuga
Proprio come suo padre quando aveva attraversato il mare.

Sentì di un posto, la gente era felice
Parlavano di come vivevano i pellerossa, di come amavano la terra
E ne arrivavano da ogni dove fino allo spartiacque continentale
Cercando un posto dove vivere o dove nascondersi.

Nei bar pieni di gente che se la spassa
Non vedo l’ora di raccontarti tutto di com’è lassù
E lo chiamano paradiso, non so perché
Qualcuno ha spianato le montagne per tirare su la città.

Poi i venti gelidi hanno soffiato attraverso il deserto
Attraverso le gole sulla costa fino a Malibu
Dove sta proprio della bella gente, gente affamata di potere
Hanno acceso le loro insegne al neon e si son dati da fare.

E’ arrivata gente piena di soldi e ha devastato la terra, nessuno li ha fermati
Hanno fornito un mucchio di orrende casupole e Gesù, la gente gliel’ha comprati
E l’hanno chiamato paradiso, il posto dove stare
Sono stati a guardare il sole offuscato che moriva nel mare.

Puoi lasciare tutto e far rotta sulle Hawaii
proprio come i missionari tanti e tanti anni fa
Si portarono dietro persino un’insegna luminosa: “Gesù sta arrivando”
Tutto il peso dell’uomo bianco si è abbattuto
Hanno portato il regno dell’uomo bianco.

Chi provvederà al piano grandioso, che cos’è tuo e che cos’è mio?
Visto che non ci sono piu nuove frontiere, ci tocca farlo qui
Soddisfare i nostri bisogni infiniti e giustificare le nostre azioni sanguinarie
nel nome del destino e nel nome di Dio.

E puoi trovarli là ogni domenica mattina
Si alzano in piedi e cantano di come sia lassù
Loro lo chiamano paradiso, non so perché
Chiama un posto paradiso e digli pure addio.

 

Ettore Craca

"Nel suono, nella pagina, nel viaggio, nell'amore io sono. In ogni altro luogo e tempo non sono".