Live Reports

Resophonic Total Black (con aggiunta di violino e percussioni)

Paolo Lucà fa gli onori di casa: accoglie uno per uno, abbraccia i soci di lungo corso, si interessa dei nuovi, assegna i posti in base alle prenotazioni e ha un sorriso per tutti, pur non perdendo mai di vista la situazione complessiva. Il Folk Club ospita una delle serate “clou” della sua stagione, per quanto a definirla tale si faccia torto al resto del programma che, come abbiamo descritto altrove, è di livello straordinario. Ancora una volta We Love Radio Rock è presente in forze: al mio ingresso vengo accolto dal sorriso di Laura Aduso, mentre Paolo Pavan è già pronto con l’armamentario fotografico.
Eric Andersen qui è di casa, vi suonò inizialmente oltre trent’anni fa ed è tornato più volte.
Stasera si esibirà in compagnia di un’altra icona dell’era aurea del cantautorato americano, Scarlet Rivera.
eric andresen
Divenuta famosa grazie a Dylan che, vedendola vagare per il Greenwich Village con la custodia del violino in spalla, le propose di unirsi al carrozzone della “Rolling Thunder Revue” (e se avete visto il film di Scorsese tratto dalla tournée, avrete anche notato una breve apparizione proprio di Andersen con Patti Smith), rimanendo così affascinato da quel violino elettrico da portarsela anche in studio durante le incisioni di “Desire“.
Scarlet è un’affascinante presenza femminile sul palco, aggiungendosi a quelle della statuaria e austera Inge Andersen (moglie di Eric) e della fenomenale (e simpaticissima) percussionista canadese Cheryl Prashker.
L’ovazione che saluta il gruppo dispone al meglio gli artisti, dietro ai quali si materializza l’imponente figura del “nostro” Paolo Ercoli, magnifico protagonista grazie al suono della sua chitarra resofonica, capace di riempire i vuoti e sottolineare i passaggi salienti di una performance straordinaria.
Eric è capace di incantare anche da solo, è un chitarrista eccellente, un ottimo pianista, e ha ancora una voce e una presenza scenica invidiabili (76 primavere, quelle sulle spalle), ma l’accompagnamento di questi autentici campioni dei rispettivi strumenti rende tutto imperdibile. Il suono è perfetto, ogni sfumatura si coglie pienamente, come è necessario che sia in occasioni simili: è musica che necessita di attenzione, questa, e i particolari sommati “fanno il totale”, parafrasando Totò.
Le ballate senza tempo di questo singer songwriter leggendario, uno degli originali, scivolano una dopo l’altra, creando un continuum interrotto solo dai racconti di aneddoti, divertenti e in un paio di casi lievemente polemici, propinati da Andersen tra un brano e l’altro, spesso rintuzzato da Cheryl che si comprende essere donna spiritosa e dalla battuta pronta. La percussionista è anche fantastica da osservare mentre suona, concentratissima tra bonghi, piatti, tamburelli e wind chimes ottenendo una particolare coloritura sonora che non è di mero accompagnamento.
Dall’immancabile cappello di Eric all’abbigliamento di tutti i membri della band, quello che colpisce è l’uniformità dei toni del look della band: una sorta di total black, con qualche lieve tono di grigio, che si adatta perfettamente allo sfondo del locale e a fa risaltare le espressioni dei volti, i movimenti sinuosi di Scarlet e Inge, le mani vissute del leader, i cui movimenti spesso sottolineano qualche passaggio importante di testi che molti conoscono a memoria, o quelle di Paolo che si muovono, rapide ed esperte, sulle corde del dobro, mentre quelle di Cheryl, perennemente sorridente, percuotono, strisciano, lisciano pelli e piatti.

Lo spettacolo, diviso in due set da un apprezzato intervallo, è più intimo nella prima parte: Dusty Box Car Wall (risalente all’esordio del 1965), le più recenti Foghorn, Salt On Your Skin, Mary I’m Coming Back Home, le storiche (e bellissime) Is It Really Love At All e Baby I’m Lonesome (quest’ultima tratta dall’album smarrito nel 1975, pubblicato quindici ‘anni dopo col titolo “Stages: The Lost Album” e contenente la prima versione di Time Runs Like A Freight Train, purtroppo non eseguita in questa data).scarlet rivera
Il break ci consente di salutare altri musicisti, giornalisti, fotografi, habitué del Club e facce incrociate migliaia di volte nei negozi di dischi torinesi, poi il rientro on stage e la celebrazione del rito di riconoscimento di un talento formidabile: Moonchild River Song, Violets Of Dawn, Woman She Was Gentle, la svelta e bluesata You Can’t Relive The Past, seguita da Under The Shadows.
Per Blue River Andersen si sposta al piano, già protagonista in un paio di brani in precedenza: versione da brividi, intensa e struggente, con assoli di Scarlet e Paolo (il chitarrista è davvero talentuoso, come dimostrano le continue richieste di accompagnamento da parte dei più disparati artisti) che la rendono ancora più coinvolgente.
Il gran finale è affidato a Hills Of Tuscany e i due super classici tratti, come Violets Of Dawn, da “‘Bout Changes & Things“, in disco che nel ’66 gli conferì notorietà internazionale: Close The Door Lightly (When You Go) e Thirsty Boots.
Rientro nei camerini, ma dopo l’esclamazione del pubblico Eric decide di offrire un bis: Mingle With Universe è tratto da un recente (2017) album che allo stesso titolo aggiunge la spiegazione “The Words Of Lord Byron“, a tutt’oggi ultima fatica dell’artista di Pittsburgh, PA.
C’è tempo anche per una chiacchierata con Paolo Ercoli che ci delizia con una piccola esibizione privata con la sua Dobro e ci racconta in breve la sua storia e la sua passione per questo strumento. Avremo modo di parlarne approfonditamente più avanti quando lo incontreremo per una intervista più approfondita.

E’ stata una serata magnifica, non si può chiedere più di questo a leggende di questa portata. Grazie Eric, grazie Scarlet, grazie Folk Club.

 

Massimo Perolini

Appassionato di musica, libri, cinema e Toro. Ex conduttore radiofonico per varie emittenti torinesi e manager di alcune band locali. Il suo motto l'ha preso da David Bowie: "I am the dj, I am what I play".